"Venezia e l'Egitto", a Palazzo Ducale

Una mostra fiore all'occhiello della Fondazione Musei civici di Venezia

"Venezia e l'Egitto", a Palazzo Ducale

Fiore all’occhiello della Fondazione Musei Civici di Venezia è la mostra “Venezia e l’Egitto” a Palazzo Ducale il cui percorso si snoda anche attraverso la maestosa Sala dello Scrutinio, a simboleggiare quel rapporto intenso, duraturo tra la Serenissima e i Paesi del Mediterraneo, nelle cui acque la Repubblica Marinara era di casa con le sue battaglie e con le sue sconfitte. Con l’attuale esposizione si compie la trivolia dedicata ai Paesi medio-ornentali; un ciclo iniziato con “L’eredità dell’Islam” nel 1993 seguito da “Venezia e l’Islam” nel 2007 e ora portato a termine con questa splendida mostra che propone un accostamento denso di simbologie e di significati storici fatti di contatti, realtà, mito, ma anche di relazioni millenarie oltre che di fascinazioni.

Due mondi contrapposti e allo stesso tempo pronti ad influenzarsi reciprocamente. Uno dei luoghi più affascinanti d’Egitto è stata ed è ancora oggi Alessandria, porta sul Mediterraneo, dove si trovava una delle sette meraviglie del mondo quel fare che maestosamente accoglieva navi e convogli diretti nella Terra dei Faraoni che nel 838, grazie a due mercanti veneziani giungoni in laguna traslate , le reliquie dell’Evangelista Marco. “L’evento fissa per sempre la tradizione e il mito di Venezia nell’immaginario rappresentando anche il corretto substrato per accreditare le ambizioni della nuova realtà in quel momento impegnata a imporsi in quel momento nel bacino del Mediterraneo, all’epoca considerato il mondo”, spiega Walter Hartsarich, presidente Fondazione Musei Civici di Venezia.

Oltre un terzo della msotra proviene dalle collezioni pubbliche veneziane e dalle sue biblioteche, codici miniati, monete alessandrine, mappe e altri oggetti. Da Ca’ Pesaro provengono i dipinti di Ippolito Caffi, da Palazzo Mocenico le stoffe, dal Museo di Storia Naturale la straordinaria mummia di coccodrillo, incarnazione del dio egiziano delle acque, recuperato dal geologo e naturalista veneziano Giovanni Miani, partito nell’Ottocento alla ricerca delle sorgenti del Nilo. Nella Sala dello Scutinio la celebrazione della “Dominante”, la scenografia più consona all’esposizione ricca anche di quadri interpretati da maestri come Giorgione, Tiziano, Tintoretto, Tiepolo, Amigoni, Strozzi e Piranesi, per citare i maggiori.

Le relazioni tra la Serenissima e l’Egitto dura quasi due millenni; in età classica fino all’apertura del Canale di Suez costumi e religioni sembrano quasi toccarsi. Venezia è l’unica città europea che fino dall’anno Mille ha un nome arabo distinto da quello originale: “al-bundupiyya”. Una vicenda culturale complessa racchiusa in 300 opere riunite da un comitato scientifico del quale fanno parte Enrico Maria del Pozzolo, Rossella Dorigo e Maria Pia Pedani. Davvero spettacolare la sezione dell’”Editto immaginato” dove vediamo Giorgione, Bonifacio, Tintoretto, Tiziano, Strozzi, Pittoni, Fiammingo, Piazzetta e Tiepolo con una serie di 27 incisioni sulla Fuga in Egitto fino ad arrivare ai pittori ottocenteschi orientalisti. Il Patriarca Ambramo, una tela dipinta da Antonio Zanchi proveniente da santa Maria del Giglio e altri capolavori dal Museo del Prado, dagli Uffizzi, dalla Pinacoteca di Brera…

Una gemma inedita è il Fontebasso di una collezione privata che rappresenta “Mosè che rappresenta la corona del Faraone”.

E’ di origine egiziana anche il simbolo stesso del “Leone marciano” divenuto nei secoli il logo per eccellenza dello “Stato da Mar”. La mostra chiuderà il 22 gennaio 2012 ed è accompagnata da un esaustivo catalogo di Skirà.

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