Ma la vera hit parade del Paese è questa

di Mario Cervi

Al prossimo Festival di Sanremo, manifestazione nazional-popolare per eccellenza, la serata del 17 febbraio sarà dedicata anche alle canzoni che accompagnarono e segnarono la storia d’Italia. Musiche famose, impregnate di emozioni e passioni legate strettamente ad un determinato momento delle vicende nazionali. Basta pensare a due canzoni che sicuramente saranno selezionate -meritandolo- e che sono ideologicamente e anche cronologicamente all’opposto: Giovinezza,l’inno del fascismo,e Bella ciao, l’inno della resistenza. A Giovinezza, che era a mio avviso una bella canzone (anche nel titolo) ha nuociuto l’essere associata indissolubilmente al regime mussoliniano. A sua volta Bella ciao non è davvero, secondo me, una canzone degli italiani, troppa essendo l’enfasi faziosa con cui viene declamata. Basta dire che se n’è appropriato Michele Santoro.
Va’ pensiero, che ha l’impronta del genio di Verdi ed è ben più che una canzone, dovrebbe riproporre gli slanci risorgimentali cui tocca vita dura in questi tempi di revival borbonico. Speriamo che ci riesca. Non ha controindicazioni la Canzone del Piave, anche se la Grande Guerra è vista ormai da molti come l’«inutile strage» di Benedetto XV. Il conflitto ’15-’18, immane pur se vittoriosa tragedia, ha ispirato compositori e parolieri: all’insegna di un patriottismo consapevole ma anche d’una malinconia struggente. «Sul ponte di Bassano, bandiera nera» cantavano gli alpini di allora, e l’incipit doloroso fu ripreso nella seconda guerra mondiale, priva di quell’epos, con «sul ponte di Perati, bandiera nera»: a ricordo del sacrificio ancora degli alpini in Albania. Mi viene in mente il Ta-pum di un’altra canzone della Grande guerra (Ta-pum voleva riprodurre il suono dei cecchini austriaci). Con lo straziante finale che cito a memoria: «Cimitero di noi soldati / forse un giorno ti vengo a trovare. Ta-pum Ta-pum. Ta-pum Ta-pum, Ta-pum Ta-pum». Impossibile escludere dalla cernita la festosità di «le ragazze, le ragazze di Trieste/ cantan tutte cantan tutte con ardore, o Italia o Italia del mio cuore/ tu ci vieni a liberar». Ma per l’Unità c’è solo Va’ pensiero?. No, un posto d’obbligo l’ha l’allegria di «quando la bella mia m’ha salutato/ m’ha dato per consegna il tricolore...». C’è poi una canzoncina che fu canticchiata gioiosamente dagli italiani nel momento in cui il fascismo ebbe il massimo del consenso, poi vietata dall’imbecillità razzista del regime. Faccetta nera è stata ingenua e generosa, ha rispecchiato le illusioni d’un Paese ancora contadino che sognava di dissodare l’Etiopia.

Invece le illusioni sono svanite, e io ricordo Anna Magnani che, a sconfitta vicina, sulle note di «quanto è bello far l’amore quando è sera», coniugava Roma bella con «un soldato a sentinella».Scusate, ma mi fermo qui.

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