Movimenti precisi, parole scandite, gesti che possono essere compiuti in un solo modo. Il tutto per ottenere un contatto con il magico, con il divino. Ma anche a precipitare nella più trita laicità del contemporaneo: formule o gesti senza i quali quel che si compie non è valido, dal calcio d'avvio di una partita alla sentenza di un tribunale.
Non esiste specie animale per cui i rituali siano più importanti che per l'essere umano. Certo il rituale, il gesto stilizzato o enfatizzato, è presente persino per gli insetti: guai al maschio della mantide che non esegue per bene il rituale di accoppiamento. Ma i rituali degli umani sono praticamente infiniti e sostanziano tutta la nostra civiltà. Senza di essi le società non si cementano, le culture non si trasmettono. E non si apprende.
Un esempio banale? A dei bambini e degli scimpanzé è stato mostrato un modo «rituale» di aprire una scatola con un premio all'interno. Nel rituale alcuni gesti insegnati dagli sperimentatori alle «cavie» erano palesemente inutili. I bambini umani tendevano a ripetere i gesti «inutili» molto più dei loro cugini primati.
Perché? Perché il «si fa così» serve agli umani a creare unità, unione e rispecchiamento. Ecco: questa tendenza è stata studiata in tutti i dettagli da Dimitris Xygalatas in Ritual (Feltrinelli, pagg. 272, euro 23). Il volume, come spiega il sottotitolo, ricostruisce la «Storia dell'umanità tra natura e magia». Lo fa muovendosi tra gli esperimenti sociologici e l'archeologia, tra la psicologia e le neuroscienze. Xygalatas, che è un antropologo, parte dal neolitico per dimostrare che prima dell'agricoltura è stato il rito a cementare le società moderne. Il sito archeologico di Göbekli Tepe con le sue gigantesche costruzioni risalenti al decimo millennio avanti Cristo è lì a testimoniare in viva roccia l'intuizione che guida le ricerche di Xygalatas. I cacciatori raccoglitori facevano sforzi enormi per creare un luogo rituale ben prima che arrivasse l'agricoltura. Perché gli umani non possono vivere senza simboli. Senza una rassicurazione religiosa e magica.
E seguendo il complesso percorso del libro, che passa dai riti religiosi delle isole greche alle tradizioni africane per arrivare alle nostre banali feste di compleanno, il lettore vede dipanarsi una rete di gesti in cui finirà per riconoscere anche i propri. Etichettare tutto come superstizione, come comportamenti poco adattativi che sono rimasti appiccicati anche agli esseri umani moderni?
Una delle parti più divertenti del volume, scientificamente preciso ma agile da leggere, è quella dedicata ai rituali degli sportivi.
Lunghissimo l'elenco di quelli del tennista Nadal ad esempio: dal mettere in ordine maniacale le bottigliette durante il cambio campo a quelli famosissimi prima del servizio: il tocco sulla spalla sinistra, poi quella destra, il naso... Sono dei moltiplicatori di concentrazione insostituibili, perfettamente adattativi.Non si vince se non si crede nella magia. Almeno nella propria.
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