A Verona Corot e l'arte moderna

Cento dipinti per 4 secoli, da Poussin in pratica a Picasso, con la giusta distribuzione di opere tra quelle del protagonista della mostra e degli artisti a cui si è ispirato, da cui è stato influenzato e quelle di chi invece gli sarà debitore. Questa la bellissima esposizione "Corot e l’arte moderna" al Palazzo della Gran Guardia di Verona sino al 7 marzo

A Verona Corot e l'arte moderna

Verona - Cento dipinti, un arco di tempo di quattro secoli, da Poussin in pratica a Picasso, con la giusta distribuzione di opere tra quelle del protagonista della mostra e degli artisti a cui si è ispirato, da cui è stato influenzato e quelle di chi invece gli sarà debitore. Questa, ridotta in cifre, è il compendio della bellissima esposizione “Corot e l’arte moderna“ che si tiene al Palazzo della Gran Guardia di Verona (sino al 7 marzo) e che segna la prima collaborazione fra il Museo del Louvre e il Comune scaligero. Ritenuto “l’ultimo dei classici e il primo dei moderni“, Coroi fu lo straordinario creatore di intrecci poetici e di invenzioni plastiche. Il suo stile sobrio e luminoso, che qui emerge maggiormente alla luce di inediti quanto pregnanti confronti, ricevette un contributo determinante dai viaggi in Italia fatti nella prima metà dell’Ottocento: le rovine di Roma e la campagna laziale, il lago di Garda e Venezia gli permisero di ritrovare la luce e l’idea della natura dei suoi illustri precursori. Utilizzato principalmente come fondale nelle opere di storia, il paesaggio acquistò una propria autonomia a partire dal XVII secolo quando la si impose la denominazione di “paesaggio storico“ o “eroico“ nel quale la rappresentazione della natura aveva lo stesso peso del racconto ospitato. La successiva apparizione del paesaggio pastorale ne confermò il primato, riducendo sempre più a pretesto il soggetto raccontato. Ammiratore di Poussin e di Lorrain, formatosi presso gli atelier dei maestri del neoclassicismo quali Bertin e Michallon, Corot costruì la propria estetica sulla base dell’eredità dei grandi paesaggisti seicenteschi. Un fedeltà che non sarà mai tradita: si pensi che ancora nel 1875, l’anno della sua morte, èsporrà al Salon di Parigi una bellissima “Biblis“ che incarna in pieno il paesaggio storico nella sua tradizione. Eppure, Corot non fu né uno sterile ripetitore né un puro e semplice tradizionalista. Al contrario assimilò la tradizione classica e la rigenerò al punto tale da anticipare chiaramente l’evoluzione della pittura di fine Ottocento e degli inizi del Novecento. Giù in lui è presente la destrutturazione della forma e la sua ricomposizione e quella visione più simbolico-emozionale della natura che porta verso l’astrazione. Colto, appassionato deii classici e della musica, suo fu quel tentativo di dipingere “in maniera musicale“, facendo “vibrare le forme“ che Kandinsky e Kleee faranno poi proprio. Allo stesso modo Derain, Picasso e Matisse si ispireranno a lui nella semplicità della messa in scena e nelle sintesi della forme.

Gli impressionisti ne ammireranno il senso della luce, il suo senso del fantastico segnerà pittori simbolisti come Moreau e Redon. Un maestro, insomma, a cui questa mostra rende omaggio attestandone una volta di più la grandezza.

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