A Verona

«Posto che Mussolini è stato sbranato a piazzale Loreto dal popolo che prima lo adorava, Noemi era minorenne, la D’Addario una escort, Ilona Staller già prima del Cavaliere s’era inventata il partito dell’amore, e ricordando la lezione di Jean Baudrillard sull’osceno quale “più visibile del visibile”, spieghi il candidato perché Silvio Berlusconi è un osceno tiranno, analizzando in particolare la sua sfida simbolica al tabù dell’incesto». Potrebbe suonare così una delle domande all’esame di filosofia - politica, medievale o etica non importa - all’Università di Verona.
Leggete il libro e vi ricrederete, hanno replicato alle critiche i sei docenti autori di Filosofia di Berlusconi. L’essere e il nulla nell’Italia del cavaliere edito da Ombre corte e appena sbarcato in libreria. Loro, gli studenti della facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Verona, hanno letto e poi si sono ribellati all’idea che pare stia navigando nelle teste dei prof, di adottarlo come libro di testo a partire dal prossimo anno accademico. In molti pensano di disertare le lezioni, non sarebbe neppure la prima volta per dissenso politico qui nelle aule della bianca Verona, che se deve scegliere un colore magari è di un verde leghista come il suo sindaco, Flavio Tosi, certo non rossa né livida di antiberlusconismo. Nel frattempo si sono affidati a un comunicato del movimento universitario del Pdl che, a proposito del tema, parla di «osceno teatrino antiberlusconiano sponsorizzato dall’Ateneo con il nulla osta del preside di lettere e filosofia». Eh sì, perché sulle locandine che annunciavano la presentazione del libro campeggiava il simbolo dell’Ateneo, e hai voglia poi a giurare che no, il patrocinio non è stato dato. Il berlusconismo visto da Carlo Chiurco e compagni, pardon, colleghi, «non è una semplice stagione politica, bensì una malattia, apparentemente non mortale, ridanciana perfino, ma proprio per questo tanto più temibile e contagiosa, e di non facile guarigione». Ma quale mignottocrazia. Signore e signori, pardon, elettrici ed elettori, anzi no, popolo suddito di televotanti, questa è se mai fallocrazia, un passo oltre la tirannia, il fascismo del terzo millennio. Nessuno se n’era accorto, anche se in fondo tutti sapevano, come quelle cose che nelle viscere le hai ma proprio per questo non le sai razionalizzare.
Dopo Casoria però tutto è cambiato. Lì, «in quella mano chiazzata e tremante di voluttà di un settantenne sulla coscia di una ragazzina» il re si è tolto la maschera, rivelando sotto a quell’aria bonaria il suo aspetto abissale, financo violento, certo disumano. Un regime di «pochezza intellettuale e umana» fatto di cupole di affari e istituzioni calpestate. Spiega Chiurco che «abbiamo deliberatamente scelto di abbandonare il piano dei fatti», perché questa è filosofia, gentili studenti elettori, e quindi qui «anche un solo avvenimento è sufficiente per analizzare il fenomeno del berlusconismo».
Solo che poi fra un D’Avanzo e un Travaglio si sprecano le citazioni della cronaca. Spesso l’alta lettura scada in slogan tipo: «Lui è l’uomo “del fare”, e quindi fa quel che gli pare», roba da rimpiangere Diliberto.

E l’analisi di questa società da consigli per gli acquisti pilotati fin nelle urne è sporcata dai consigli al centrosinistra per liberarsi del «Padrone che compra corpi di ragazze», a tratti «drag queen» tendente alla «transessualizzazione» a tratti «superuomo nietzscheano», beata cultura. Del resto, gli autori lo dicono piuttosto esplicitamente: sarà l’approccio filosofico a salvarci da Silvio il tiranno, «dopo decenni di colpevole silenzio da parte degli intellettuali italiani».

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