Il vescovo sospende il prete in lizza per Rifondazione

Gorizia - Una pecorella smarrita o un «don» che ha maturato una politica dell’azione? Non lo dice espressamente il capo della Cei, monsignor Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova, che sulla vicenda del prete di Gorizia candidato-sindaco della sinistra massimalista, fa arrivare comunque il suo pensiero, netto e preciso, senza sfumature, senza cadere nel dispiacere e nella sofferenza. Sono queste le due parole pronunciate attraverso il suo segretario, don Stefano Olivastri, che fanno ben intendere il fermo disappunto della Conferenza episcopale italiana che, tuttavia, non può impedire scelte personali pur con ovvie conseguenze di responsabilità e allontanamento. Il capoluogo isontino si sta così ritagliando il suo spazio persino nella Santa Sede e, ogni giorno di più, assume un incredibile risvolto mediatico. La Cei interviene, e l’elenco delle reprimende si arricchisce. Non c’è soltanto la sospensione dal ministero decretata proprio ieri dal vescovo della diocesi di Gorizia, monsignor Dino De Antoni, che ha preso posizione allontanandosi inevitabilmente dall’ormai «ex» sacerdote, pur ribadendo il rispetto per altre strade intraprese dal prete-politico.

All’orizzonte, se la candidatura dovesse andare a buon fine e se si dovesse mantenere lo status di irregolarità permanente, si profila la riduzione allo stato laicale, come spiega la Congregazione per il clero. «Ne sono perfettamente consapevole», scandisce l’ex don Andrea che resta positivamente colpito dalle reazioni del Vaticano. Certo, il dispiacere manifestato da Bagnasco non può confortare, ma rimane sempre, pur nella lontananza e nella disapprovazione, il rispetto per altre opzioni di vita. Alla domanda su come possa reagire la Chiesa di fronte a una pecorella che, invece del Vangelo, abbraccia il credo politico, e per di più con il verbo dell’ala massimalista lo stesso segretario del presidente della Cei è in difficoltà: «Ma cosa vuole che diciamo di più? Una volta reso noto il dispiacere di Bagnasco, non c’è altro da aggiungere, crediamo».

Silenzio dall’altra parte del telefono. Intanto, mentre la Congregazione aspetta di essere investita del caso, eventualmente in seconda istanza, Andrea - da ieri si chiama solo così il papabile sindaco - incassa la sospensione, da lui richiesta, e ragiona del futuro. Che cosa deciderà la Chiesa? Poniamo che le elezioni vadano male: Andrea ritornerà o no all’ovile? «Diciamo che la sospensione dovrebbe terminare non appena cessa la condizione di incompatibilità che in questo caso consiste nella candidatura». Quindi, lascia intendere che, archiviata una campagna elettorale non vittoriosa, si potrebbe attendere una pronuncia di re-inserimento.

Ma se il verdetto politico fosse pro-Andrea? «Allora, in questo caso, mi aspetto quasi sicuramente la riduzione allo stato laicale, visto che essere sindaco fa decadere l’ipotesi di temporaneità della condizione di anomalia». Adesso inizia la campagna elettorale, con il crocifisso nel cuore, non nel cassetto.

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