Lavinio, Alba Longa e infine Roma: le leggende della fondazione della Città Eterna

La leggenda della fondazione di Roma poggia su 3 miti principali: l'approdo a Lavinio, la fondazione di Alba Longa e il ruolo di Romolo e Remo

Lavinio, Alba Longa e infine Roma: le leggende della fondazione della Città Eterna

Sono tre le leggende sulla fondazione di Roma, ovvero la leggenda di Alba Longa, la leggenda di Lavinio, e naturalmente la leggenda di Romolo e Remo. È interessante cercare di capire come queste leggende in realtà mescolino mito e inoffensiva propaganda: la loro genesi affonda infatti le radici in epoca imperiale, quando Ottaviano Augusto promosse le arti, in particolare la letteratura, in modo da trasmettere al popolo la magnificenza e la nobiltà della sua posizione politica. Oltre che il suo diritto divino: Enea, capostipite della stirpe del primo re, era figlio della dea Venere, il primo re Romolo era invece figlio di Marte. Così l'Impero Romano sarebbe caratterizzato per sempre da bellezza e forza.

Furono diversi e importanti i poeti e letterati che fecero parte di questa propaganda, che non va intesa nel senso contemporaneo del termine: qui è diventata una sorta di mito cristallizzato, che nulla toglie e molto aggiunge al fascino della Città Eterna. In fondo sono trascorsi 2000 anni, ma queste storie trasmettono forza e bellezza appunto, ma anche tradizione e valori umani senza tempo.

Leggenda di Lavinio

Lavinio

Lavinio è una frazione di Anzio. E allora cosa c'entra con Roma? Per capire bisogna ragionare in modo che la leggenda venga considerata un po' come la Storia: in altre parole, se la storia è un continuum, anche il mito può essere raccontato allo stesso modo, passo dopo passo, tappa dopo tappa: è una delle tappe della fondazione di Roma e sicuramente la fondazione di Lavinio.

Il condottiero Enea, dopo la sconfitta nella guerra di Troia, cercò rifugio nella penisola italica insieme a diversi profughi. Nelle sue peregrinazioni, era capitato che le varie vicissitudini venissero assunte a modello, da quelle innegabilmente virtuose, come la pietà verso una degna sepoltura o il rispetto per gli anziani, a quelle pensate per fini propagandistici, come l'abbandono dell'amore per andare incontro al Fato.

La nuova casa di Enea fu stabilita appunto a Lavinio, località che ospitò i rifugiati sopravvissuti alla guerra di Troia. Enea la scelse dopo aver assistito a una lotta tra un lupo, un aquila e una volpe, le diede appunto il nome di Lavinio in onore di Lavinia, la figlia del re Latino che gli era stata data in sposa. Un'altra leggenda non parla invece di questa lotta animalesca, ma del ritrovamento da parte di Enea di una scrofa incinta sfuggita al sacrificio e sopravvissuta con i 30 porcellini che portava in grembo.

Leggenda di Alba Longa

Alba Longa

A un certo punto della storia di Lavinio, questa località avrebbe iniziato a risentire di problemi di densità abitativa. Per questa ragione, a trent'anni dalla sua fondazione, Ascanio, figlio di Enea, decise di fondare un'altra città poco distante: si trattava appunto di Alba Longa, sempre stando alla leggenda. Naturalmente Ascanio fu il primo re di Alba Longa, dando vita a una lunga dinastia di re albani, il che porta a la più nota leggenda successiva.

Leggenda di Romolo e Remo

Romolo, Remo e la Lupa

L'ultimo dei re albani noti in questa leggenda è Proca, nel momento di passare il trono al figlio. Proca aveva due figli, Amulio e Numitore, ma solo il secondo era il suo legittimo erede. Accadde però, stando al mito chiamo, che Amulio spodestò dal trono il fratello. Non solo: una profezia gli aveva detto che un discendente di Numitore lo avrebbe spodestato a propria volta, e per scongiurare il pericolo della discendenza di Numitore, costrinse la nipote Rea Silvia a diventare una sacerdotessa di Marte. Le sacerdotesse di Marte erano infatti tenute al voto di castità ma Amulio non aveva messo in conto che proprio il dio l’avrebbe messa incinta.

Rea Silvia partorì due gemelli, cui diede il nome di Romolo e Remo. Amulio la fece quindi seppellire viva (ma venne resuscitata dall’Aniene) e ordinò che anche i gemelli fossero uccisi, ma gli aguzzini abbandonarono i neonati nel Tevere che li portò in salvo su una sua riva. Qui vennero allattati da una lupa e crebbero nel migliore dei modi, anche grazie a un picchio e una coppia, Faustolo e Acca Larenzia.

Quando scoprirono la verità sui propri natali, Romolo e Remo deposero Amulio, ripristinando Numitore come legittimo erede al trono. Fu lo stesso Numitore a dare il permesso ai nipoti di fondare una nuova città, a partire dal Palatino, dove i gemelli avevano vissuto con la coppia.

Per capire chi dei due dovesse essere il primo re, ci si affidò agli aruspici: chi dei gemelli avesse visto più avvoltoi sarebbe diventato il re della nuova città. Le leggende qui si moltiplicano: c’è chi riporta che Remo vide più avvoltoi nel tempo stabilito, chi che Romolo ne vide di più dopo che furono tratti gli auspici, chi che i due gemelli giunsero alla lotta per un inganno o per una presa in giro, o forse ancora per ignoranza di una norma fissata dall’uno di cui l’altro non era a conoscenza.

Il mito si conclude così: Romolo fonda Roma, che racchiude 7 colli, 7 come i re che sarebbero stati sul trono prima che la città diventasse una repubblica oligarchica e poi un impero.

E questo basterebbe a capire come tutto sia frutto di un'accurata simbologia letteraria. Questo impero, in cui furono partorite queste leggende affascinanti, viene studiato oggi a scuola e, quando si è bambini, si finisce per credere che i miti rappresentino in toto la storia.

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