Roma da Romolo e Remo: le origini della Capitale

La leggenda di Romolo e Remo è alla base della storia della nascita di Roma: si tratta però in gran parte di una leggenda, seppur molto affascinante

Roma da Romolo e Remo: le origini della Capitale

Parlare della storia di Roma significa partire dalla vicenda della sua fondazione e, ovviamente, dalla leggenda di Romolo e Remo. È però necessario sottolineare come i contorni di questa vicenda potrebbero non essere reali o, meglio, alcuni elementi sono stati per certo romanzati a fini politici in età augustea.

La fondazione di Roma si fa risalire al 21 aprile del 753 a.C., giorno che Marco Terenzio Varrone associa alla nascita della democrazia in Grecia. Cultura greca e regno di Roma, e successivamente anche consolato e impero, sono effettivamente legati, in un continuum di civiltà sorelle nell’egemonia europea del mondo antico.

La leggenda di Romolo e Remo

Romolo e Remo

Secondo alcuni storici, Roma sarebbe nata dall’aggregazione di alcuni villaggi, a causa della sovrappopolazione dei centri urbani nei loro pressi. Ma la leggenda, suggestiva e indimenticabile, è tutto un altro paio di maniche.

La tradizione racconta infatti del primo re di Roma, della lotta con il fratello per il potere e dei loro avi nobili e valorosi. Per capire la narrazione, bisogna risalire alla guerra di Troia quando, dopo la distruzione della città, il prode eroe Enea fuggì con il padre Anchise e il figlio Ascanio. Come tutti gli eroi epici, anche Enea dovette affrontare diverse sfide nelle sue peregrinazioni, fino al suo arrivo sulle sponde dell’attuale Lazio.

Qui, il figlio Ascanio si innamorò di Lavinia, figlia del re Latino. Anche Lavinia si innamorò di Ascanio e i due si sposarono, causando una guerra con Turno, cui Lavinia era stata promessa in sposa. Vinta la guerra, che costò molte perdite ad Ascanio, egli fondò Lavinio e successivamente Alba Longa: da Ascanio discese quindi una lunga stirpe di re albani, fino al legittimo erede Numitore.

Quest’ultimo venne spodestato dal fratello Amulio, che tra l’altro costrinse la nipote Rea Silvia a diventare una vestale: le vestali erano obbligate al nubilato e Amulio voleva evitare che Rea Silvia partorisse un altro legittimo erede. Cosa che in effetti accadde: Rea Silvia partorì non uno ma due eredi, Romolo e Remo. Dopo essersi unita al dio Marte e dopo aver dato alla luce i gemelli, Rea Silvia venne fatta seppellire viva da Amulio, mentre venne ordinato l’annegamento di Romolo e Remo. I piccoli però, in un gesto di pietà da parte dei sicari inviati da Amulio, furono abbandonati sulla riva del Tevere, per poi essere adottati e accuditi da una lupa.

Roma

Non si sa se effettivamente fosse un animale, come l’iconografia da sempre racconta, o una meretrice: i gemelli vengono successivamente trovati da un pastore e dalla moglie e crescono con loro. Ma, diventati adulti, decidono di riportare il legittimo erede al trono: il vecchio Numitore può di nuovo regnare su Alba Longa, mentre il perfido Amulio viene ucciso.

Romolo e Remo decidono successivamente di fondare una nuova città, ma non possono regnare insieme. Quindi chiedono agli dei un presagio, che in realtà non può essere interpretato chiaramente. Si innesca una battaglia tra i due gemelli e i loro sostenitori e Remo viene colpito a morte, secondo quanto riporta Tito Livio. Ma Livio aggiunge anche un’altra vulgata: Romolo avrebbe ucciso il fratello colpevole di uno sconfinamento.

Sta di fatto che così Romolo ebbe la sua città di forma quadrata sul colle Palatino. Con lui iniziò il periodo regio con i 7 re di Roma, cui seguì un periodo consolare e uno imperiale. L’Impero Romano d’Occidente crollò nell’anno 476. Roma visse e prosperò di fatto per oltre 1.200 anni, lasciando un’eredità sconfinata in termini di lingua, letteratura, strategia militare, politica e tecnica architettonica.

Storia o propaganda?

Augusto

Gran parte della narrazione della leggenda di Romolo e Remo proviene dall’età augustea. Quindi tra il 27 a.C. e l'anno 14 d.C. Da Tito Livio a Publio Virgilio Marone, sono stati diversi gli storici e gli scrittori che si sono cimentati in questa materia. Che rappresenta a tutti gli effetti una sorta di arcaica propaganda: in questo modo si legittimava l’impero di Ottaviano Augusto e lo si faceva discendere dalla cultura greca ma anche dalla stirpe divina - non a caso in quell’epoca a Roma esisteva un vero e proprio culto dell’imperatore.

L’allegoria e la mitologia furono usate così per spiegare la storia antica e recente di Roma. Per esempio, nell’Eneide di Virgilio e nelle Eroidi di Ovidio, l’amore infranto della cartaginese Didone per Enea viene citato come fosse un prodromo o una causa atavica della guerra di Cartagine contro Roma.

E se i moderni attribuiscono al termine propaganda connotati negativi, in questo caso bisogna ricordare che queste opere sono ricche di valori universali: l’amore dei figli verso i genitori e viceversa, il rispetto per gli anziani in quanto portatori di memoria, il rispetto per il nemico vinto ma valoroso, la fratellanza tra il leader e coloro che lo seguono, la messa da parte dell’individualismo per un fine più alto che solo i posteri saranno in grado di comprendere. Il tutto è permeato da un’etica che è al tempo stesso estetica di un verso immortale.

Romolo e Remo potrebbero o non potrebbero essere realmente esistiti. Ci sono studiosi che pendono per una teoria o per un’altra. Ma non ha importanza: quella della fondazione di Roma è una storia che è stata raccontata in maniera tanto suggestiva che probabilmente non interessa a nessuno smentirla completamente. Anche perché le fonti a disposizione sono solo quelle letterarie.

Il senso di una narrazione

Roma

Gli elementi ricorrenti della mitologia di Romolo e Remo sono probabilmente quelli che hanno connotati maggiormente leggendari. Accade per via della presenza di topos presenti in opere letterarie precedenti e successive.

Nella Bibbia si trova ad esempio l’abbandono di un neonato su un fiume oppure una lotta tra fratelli che finisce nel sangue, proprio come succede a Romolo e Remo. Nell’Amleto di William Shakespeare ci sarà un fratello che congiura per appropriarsi del trono, come tra Amulio e Numitore.

Roma ha fatto nel tempo del simbolo la sua cifra stilistica ed è anche per questo che il suo fascino resiste al tempo. E il simbolo l'avrebbe accompagnata fino alla fine dell’Impero Romano d’Occidente.

Il piccolo imperatore che viene deposto mettendo fine all’impero si chiama appunto Romolo Augustolo: Romolo come il primo re di Roma, Augustolo (ossia piccolo Augusto) come il suo primo imperatore.

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