Il vicepresidente Ppe Antonio Tajani

MAntonio Tajani, rassegnatevi.
«La politica è l’arte di disegnare il futuro, costruendo percorsi».
Dice così perché è commissario europeo all’Industria e vicepresidente del Ppe, e non ricorda le risse italiane...
«Infatti questo vorrei fare: partire dall’Europa per arrivare in Italia».
Ma Casini a casa non torna più.
«Nel Ppe è già con noi. Pdl e Udc votano assieme, hanno la stessa visione della società, dell’economia, della famiglia, dell’etica...»
Sì, ma Berlusconi non piace a Casini. Lo ha ripetuto anche dopo la nomina di Alfano a segretario del Pdl: le condizioni per trattare sono post Cavaliere e addio al bipolarismo.
«Le racconto un episodio: all’ultimo summit a Bruxelles, Berlusconi e Casini erano seduti allo stesso tavolo».
Che si siano simpatici è indubbio ma insufficiente.
«Dalla Grecia alle politiche di risanamento annuivano all’unisono. Dicono le stesse cose su tutto».
In Italia però litigano.
«Nel Lazio Pdl e Udc governano assieme. E poi il problema non è Berlusconi o non Berlusconi».
Casini a «Repubblica» due punti virgolette: Berlusconi è finito
«Ma vede, Berlusconi non ha detto che vuole annettere l’Udc al Pdl. Ha detto che vorrebbe lasciare un grande partito dei moderati. In questa direzione va anche il progetto di Alfano, e a questo dobbiamo lavorare insieme, Pdl e Udc».
Come An e Fi costruirono il Pdl?
«Così noi dobbiamo costruire un grande partito. Il modello è il Ppe».
Porta lei la bacchetta magica?
«Non sto parlando di questa legislatura, ma della prossima».
Beh ma da qualche parte bisognerà iniziare.
«Certo: dall’Europa. Rinsaldiamo i rapporti lì. I giovani del Ppe sono riusciti a costruire un accordo e hanno vinto l’ultimo congresso».
Lei stesso è dal 2002 che viene eletto coi voti di Udc e Pdl.
«E di Udeur e Südtiroler Volkspartei, altrettanto importanti in questo percorso».


Primo banco di prova?
«Perché non cercare l’accordo su un presidente italiano del gruppo Ppe, o sul presidente della Commissione? Bruxelles è la seconda nostra capitale, dopo Roma: ogni decisione, dall’immigrazione alla Difesa ai rifiuti, viene presa lì e l’80% delle leggi che Roma approva sono il recepimento di quelle che Bruxelles ha varato».

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