Le vietavano di incontrare ragazzi Tunisina viveva segregata in casa

I familiari le impedivano di uscire e la picchiavano: arrestato anche un cugino

Mariateresa Conti

da Palermo

Forse l'ha influenzata la storia di Hina, la ragazza pachistana uccisa dal padre perché rivendicava il diritto di vivere come le sue coetanee nate in Occidente. O forse la forza della disperazione ha avuto la meglio sulla paura dei familiari, che in nome delle usanze del paese d'origine, la Tunisia, secondo le quali sarebbe diventata maggiorenne solo a 20 anni, la tenevano segregata in casa a suon di botte per impedirle di frequentare ragazzi e ragazze della sua età. Fatto sta che dopo l'ennesima lite ha trovato il coraggio di ribellarsi. E di chiamare i carabinieri, che l'hanno liberata dalla sua prigione, arrestando il padre ed un cugino, con l'accusa di maltrattamenti e sequestro di persona.
È una ragazza tunisina di 19 anni, M. S., la protagonista di questa storia che si è consumata in un quartiere popolare di Palermo. La giovane - ricoverata inizialmente all’all'ospedale Ingrassia, ora è in una casa famiglia - ha diversi traumi, la sospetta lesione della milza, ipotizzata inizialmente, sembra scongiurata - ha chiesto di non incontrare nessuno dei familiari. «È tranquilla, serena e determinata», assicurano i medici. In manette, come si diceva, sono finiti il padre della ragazza, F. R., 50 anni, e un cugino di 48 anni, K. A., che avrebbe avuto il compito di sorvegliare l'appartamento-carcere, del quale aveva le chiavi. Denunciato, inoltre, ma solo per lesioni, il fratello ventunenne della giovane. È stata la stessa M. S.

a chiamare il 112, col suo telefonino privo di credito residuo, ma operativo per le telefonate di emergenza. Ed è stata lei stessa, quando ha sentito arrivare i carabinieri, a dare loro, lanciandole dal balcone, le chiavi della sua «prigione», che era riuscita a sottrarre al padre-carceriere.

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