Villa Reale, il restauro si mette in mostra

Per gli interventi di riqualificazione è previsto un costo di 106 milioni di euro

Barbara Silbe

Luoghi artificiali, dove non si vive, dove ci si sente soli nonostante la folla. Di qui si passa, qui si aspetta, da qui si parte per percorsi stabiliti e opposti, perdendosi. Ed è un susseguirsi di destini che si sfiorano, senza toccarsi mai. Questo accade negli aeroporti di tutto il mondo, questo affascina un fotografo fino a farlo spingere al limite della ricerca artistica e spendere dieci anni in un progetto che ora è in mostra alla Feltrinelli di piazza Piemonte 2. Lui è Francesco Cianciotta, autore di origine romana (classe 1960), che vive e lavora a Milano, sociologo, consulente, manager di successo fino a qualche tempo fa, prima che la fotografia diventasse elemento prevaricante della sua professione. La personale, dal titolo «Transiti», lo svela come un osservatore attento delle varietà umane, come un esploratore dei pensieri e dei comportamenti altrui, pieno di stupore e istinto: «A dirla tutta – confessa - l’arte di scrivere con la luce mi interessa da quando sono bambino». Come Lartigue. E come ogni appassionato autodidatta ha una collezione di reflex da far invidia. Solo che spesso utilizza una fotocamera di plastica, di quelle che costano pochi euro, ottenendo risultati tecnicamente ottimi.
«Ho cominciato a viaggiare per lavoro – prosegue Cianciotta – ma allora non pensavo a una serie. Non avrei mai immaginato di allestire un progetto decennale, di realizzare 2800 scatti circa su un tema che a molti risulta indifferente. Dove esiste un altro così interessato agli aeroporti e a quella varietà umana che di lì passa?». Altri artisti hanno soltanto sfiorato questi temi, come Radino, Basilico o Newton, regalandoci qualche rara inquadratura.
Il suo obiettivo ferma schegge di eventi senza importanza apparente, catturati nella bolla di un’attesa tra un decollo e l’altro. C’è una madre che mostra aerei in partenza alla prole, un Concorde fermo in pista a Parigi, uomini in gessato e ventiquattrore che sbirciano nervosi l’orologio o parlano al cellulare, tecnici di volo catturati dall’oblò sporco di pioggia. Non approfondisce, Cianciotta. Si limita a registrare la realtà, e non giudica. Non c’è il modo di raccontare ogni singola storia, né di collocarla nello spazio o nel tempo reale.

In questi non-luoghi non ci si conosce nemmeno, o se uno sguardo e poche parole si incontrano, subito dopo sono altrove a smaltire il jet-lag. Tutto però si intuisce, si immagina, attraverso un vetro, mentre si sale con una scala mobile, ascoltando l’altoparlante che annuncia il prossimo volo.
Fino al 31 marzo, ingresso libero. Info 02-433.541.

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