Il rischio ora è lastensionismo di parte dellelettorato del Pdl. Ciò che, in una contesa elettorale che si deciderà allultimo voto, equivarrebbe a consegnare la Provincia di Viterbo al Pd. Tutto a causa di un accordo con lUdc mal digerito dalla base del Pdl locale, in particolare dallala proveniente da Forza Italia.
Il 28 e 29 marzo prossimi nella Tuscia si voterà, oltre che per le regionali, anche per il rinnovo del consiglio provinciale. Un voto che, nelle previsioni di tutti, avrebbe dovuto riconsegnare Palazzo Gentili al centrodestra. Il Pd infatti, che non ripresenta il presidente uscente Alessandro Mazzoli, nel frattempo diventato coordinatore regionale del partito, è ancora senza candidato, mentre il centrodestra ha da tempo «nominato» Marcello Meroi, in quota An. Tutto bene? Quasi. O meglio: proprio no, Laccordo sancito a Roma che ha «impacchettato» lalleanza elettorale ha garantito ai centristi un bottino un po troppo ricco in caso di vittoria elettorale: la vicepresidenza della Provincia e tre assessorati di peso. Ovvio che larea ex Forza Italia del Pdl non labbia presa bene, anche perché il patto «scellerato» è stato imposto da Roma, ignorando gli equilibri locali. La rivolta degli azzurri viterbesi è culminata, lo scorso 3 febbraio, nellautosospensione dagli incarichi di partito e nella minaccia di correre da soli con un proprio candidato. «Forza Italia ha il suo peso e deve contare», lappello di Giulio Marini, sindaco di Viterbo e «capo» dei ribelli.
Poi, nei giorni successivi, le acque si sono placate. Ma solo apparentemente. La tregua è stata siglata il 5 febbraio, con lazzeramento dellaccordo romano. Tutto di nuovo in discussione patata bollente nelle mani degli esponenti locali: giusto in tempo per accogliere, il giorno dopo, Renata Polverini per linaugurazione della sede del comitato elettorale in via San Lorenzo, in un clima di passabile concordia. Ma la verità è che il mal di pancia tra gli ex forzisti non è affatto passato. E anche parte degli ex An non stanno molto meglio. La base infatti non ha mai digerito i voltafaccia dei due personaggi-simbolo dellUdc nella Tuscia: Rodolfo Gigli e Gianmaria Santucci. Il primo, navigatissimo politico locale con trascorsi da sindaco di Viterbo, presidente della giunta regionale, deputato della Casa delle Libertà, fu rieletto consigliere regionale nel 2005 nelle fila di Forza Italia ma passò poco dopo nel gruppo Udc; il secondo, Santucci, fece più o meno lo stesso, ma in tempi da record: pochi giorni dopo essere stato eletto consigliere provinciale in Forza Italia abbandonò il gruppo azzurro non «condividendo i programmi del partito» e si accasò nellUdc, partito del quale è attualmente commissario provinciale.
Insomma, nelle fila del Pdl manca la fiducia nei confronti della lealtà dei centristi. E manca anche il senso di comunanza politica derivante dalla condivisione di battaglie per il territorio negli ultimi anni. I sindaci Pdl di molti comuni minacciano di far mancare i voti in caso di alleanza con il partito di Casini.
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