Vittorio e Aurelia vivono da vent’anni con l’alveare in casa

Vittorio e Aurelia vivono da vent’anni con l’alveare in casa

In inglese vanno sotto il nome di pet. Sono gli animali di compagnia. Cani, gatti ma anche criceti, tartarughe. E se qualcuno si accontenta di un micio di strada strappato al rischio di finire investito, non manca chi si rivolge alle specie più originali che la natura offre, come furetti, iguane, serpenti. Non uno, ma due o più esemplari a trasformare gli appartamenti in veri e propri zoo. Vittorio Rivarola in casa ne ha a centinaia, forse migliaia. Un nugolo, una marea. Anzi, un vero sciame.
A tenere compagnia a Vittorio e alla moglie Aurelia, infatti, ci pensano le api, api mellifere per la precisione. Un intero alveare che da oltre 20 anni condivide con loro la casa di Carpenissone. Siamo nel comune di San Colombano Certenoli, subito sopra a Chiavari. Si sale verso San Martino superando la cresta del monte e si prosegue qualche chilometro tra ulivi e castagni a testimoniare la particolare posizione del borgo che sotto guarda Sestri Levante sul mare e alle spalle vede sia la Fontanabuona sia la Val D'Aveto. È qui che la coppia originaria di Milano trascorre le estati e parte dell'inverno.
«Un giorno abbiamo trovato un piccolo favo che le api avevano costruito tra la finestra e le imposte della sala. Anche se tutti ci dicevano di toglierlo l'abbiamo tenuto lasciando che le api trovassero riparo», racconta la coppia che in origine pensava che sarebbe stata una collocazione provvisoria. Invece: «negli anni l'alveare si è ingrandito sempre di più. A volte le api sciamano ma poi tutti gli anni immancabilmente ritornano. All'inizio, quando andavano via, ne approfittavamo per ripulire ma da quando abbiamo capito che sarebbero rincasate non apriamo più la finestra per non danneggiare gli alveari», tanto «la cera che producono impedisce al legno di marcire». Spesso qualcuna gira per la casa, ma niente paura: «è sufficiente non disturbarla o spaventarla e non ti punge». Se poi, passando sotto le imposte attraverso le quali trasportano enormi quantità di polline, un'ape decide di riposarsi sulla tua testa: «è sufficiente scrollare leggermente il capo per farle riprendere il volo». Quando poi gli insetti hanno provato a costruire un secondo e un terzo alveare occupando altre due finestre «li abbiamo spostati e da allora sono rimasti nel favo originario», spiega Vittorio che un paio di volte ha anche fatto il miele «di castagno e di erica».
Insomma, norme di coabitazione perfette che da due decenni regolano i rapporti tra lo sciame e i coniugi. Che la sera, come in un documentario di Piero Angela, si fermano a osservare l'alveare con le sue cellette che si riempiono di miele. «Una volta abbiamo anche visti l'ape regina.

Poi ci sono le api danzatrici, le api operaie e, quando fa molto caldo, anche le api ventilatrici per fare fresco. Senza dimenticare - spiega la signora Aurelia - le api guardiane coi loro pungiglioni». E così, anche gli eventuali rapinatori sono avvisati.

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