La voce fuori dal coro della Francia "gauche"

Cantante e attrice, fu un'icona di moda evitando la retorica del '68. Al contrario di Brigitte Bardot

La voce fuori dal coro  della Francia "gauche"
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Se ne è andata in silenzio, a 80 anni, dopo aver vissuto controcorrente Françoise Hardy, cantante, attrice, scrittrice, una delle donne più belle del Novecento che della francesissima bellezza aveva fatto un dettaglio e non un manifesto commerciale. Lo ha annunciato il figlio Thomas Dutronc a una Francia che da ieri è orfana di un pezzo della propria memoria, il pezzo forse più liberale ma meno ideologico, totalmente sganciato dalla prosopopea spesso arrogante di una gauche culturale onnivora e onnipresente. L'avevano conosciuta, i francesi, a fine ottobre 1962 in uno degli intermezzi musicali nella diretta tv sul referendum di De Gaulle per l'elezione diretta del presidente della Repubblica.

Aveva 18 anni, cantava Tous les garçons et le filles e il giorno dopo quel disco ha iniziato a vendere le prime copie delle due milioni poi piazzate in tutto il mondo. Per la prima volta in Francia il cosiddetto «disagio adolescenziale» entra in classifica e nella coscienza dei ragazzi e lo fa con garbo, con eleganza, senza derapate contestatrici. Nella sua versione italiana, Quelli della mia età, cantata anche da Catherine Spaak, diventa un successo che le aprirà pure le porte del Festival di Sanremo nel 1966 per Parlami di te con Edoardo Vianello e la porterà a cantare in francese Il ragazzo della via Gluck (titolo La maison où j'ai grandi) con i complimenti di Adriano Celentano. Era nata una stella, la più ribelle.

Françoise Hardy, che nel 1963 arrivò quinta all'Eurofestival (ora Eurovision Song Contest), diventa in tempo reale uno dei simboli della Francia yéyé, che mescolava le vampate trasgressive del rock'n'roll con quelle modaiole che a Londra erano «swinging» e nel resto del mondo un sogno, un miraggio, un esempio. Canta in tante lingue, dall'inglese all'italiano e diventa la voce anche di Serge Gainsbourg in Comment te dire adieu del 1969 proprio dopo aver fatto una delle tante scelte che nessuno si aspettava: dire addio ai tour, ai concerti, alle attese, ai viaggi. Basta, da allora soltanto tv, radio e, quando ne aveva voglia, anche set. Piccole parti, quasi sempre. Aveva iniziato con Roger Vadim, mica poco, ne Il castello in Svezia del 1963 ed era passata pure dall'Enzo Trapani di Altissima pressione e pure dal gigante John Frankenheimer di Grand Prix del 1966, oltre a vari musicarelli. Nel frattempo, come spesso accade, Françoise Hardy esce lentamente dalla cronaca per entrare in quell'appendice della storia che normalmente si chiama leggenda. È il simbolo dell'altra Francia, è la risposta, chiamiamola così, conservatrice a Brigitte Bardot e alla gauche caviar, che è stata la culla del radical scicchismo.

E diventa pure un'icona fashion, lei con quel viso spigoloso, le labbra morbide, lo stile asciutto di chi attraversava le folate degli abiti di Saint-Laurent e Pierre Cardin, degli stivaletti di Courrèges, della rivoluzione sessuale. Bob Dylan si innamora di lei per fotografia ma quando si incontrano, all'Olympia di Parigi, le fa paura perché «era magrissimo, sembrava in punto di morte». Prima del Sessantotto, suonava ogni tanto di fianco alla Sorbona, chitarra in mano e voce tagliente. Ma poi, dopo il Maggio Francese, se ne andò a vivere in Corsica per non inciampare né partecipare alle contestazioni, tornando in Francia quando il vento si era placato. Nel 1973 canta Gainsbourg e Moustaki, poi attraversa la disco music, si ritira, torna (anche) con un disco di cover nel 2006 cantate con Alain Delon, Julio Iglesias e altri.

Aveva appena annunciato di avere un linfoma che nel 2015 la ridusse in coma e che poi è stato affiancato dall'altro cancro che l'ha fatta spegnere proprio nel momento in cui, da cantante, attrice, scrittrice e pure astrologa, la Francia inizia a capire quanto l'«altra» Brigitte Bardot sia stata più profondamente trasgressiva dell'originale e quanto abbia anticipato ieri i valori che cerchiamo nella vita di oggi.

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