Per la prima volta il cancro sconfitto dalla genetica

Due malati sono guariti. Le loro cellule immunitarie sono state modificate in modo da attaccare il melanoma fino a farlo sparire completamente

Erica Orsini

da Londra

A Mark Origer, 53 anni, il tumore non avrebbe lasciato neppure il tempo per riuscire ad accompagnare sua figlia all’altare. Ad un altro paziente il melanoma aveva attaccato il fegato per poi diffondersi nei linfonodi e nei polmoni. Una nuova cura basata su cellule immunitarie geneticamente modificate ha salvato loro la vita.
I due uomini fanno parte di un gruppo di 17 volontari che hanno preso parte ad un esperimento portato avanti dall’équipe americana di Steven Rosenberg al National Cancer Institute di Bethesda nel Maryland. A riportare la notizia è stata la rivista britannica Science, che spiega come questa tecnica, opportunamente sviluppata, potrebbe veramente rappresentare la nuova frontiera nelle cure antitumorali. I medici del team di Rosenberg per combattere il melanoma, un tumore maligno della pelle particolarmente aggressivo, hanno utilizzato i linfociti «T», cellule immunitarie che sono in grado di riconoscere ed uccidere altre cellule nemiche come quelle degli agenti batterici. Alcune sottospecie di linfociti «T» sono capaci di individuare anche le cellule neoplastiche ed eliminarle, ma quelle presenti nel corpo umano sono troppo poche per essere efficaci. Per questo gli scienziati pensano da anni all’ingegneria genetica per aumentare il numero di linfociti «T» in grado di attaccare il tumore.
Nella clinica di Bethesda, uno dei centri oncologici più avanzati del mondo, il gruppo del dottor Rosenberg è riuscito a mettere in pratica quello che finora pareva quasi fantascienza. I medici hanno prelevato linfociti «T» da un gruppo di 17 pazienti colpiti dal melanoma, tutti in stadio avanzato, hanno modificato geneticamente le cellule in modo che fossero in grado di attaccare il cancro e dopo averle trasformate in armi le hanno reiniettate nei pazienti. Di questi, due soltanto sono risultati clinicamente liberi dalla malattia dopo un anno e mezzo dalla fine della cura, ma gli esperti lo considerano un risultato eccezionale. «Il nuovo trattamento - ha spiegato a Science il dottor Rosenberg - offre la possibilità ai pazienti di avere, nel proprio organismo, una discreta percentuale di linfociti anti-melanoma, capaci di attaccare il tumore». Per Mark Origer la terapia si è rivelata così vincente da permettergli non solo di essere presente al matrimonio della figlia, celebrato lo scorso anno, ma di venir considerato clinicamente guarito. E il secondo paziente, un trentanovenne che ha preferito rimanere anonimo, ha visto regredire fino alla completa scomparsa quel cancro che si era diffuso dal fegato fino ai polmoni. «Il successo di questo nuovo approccio è promettente - ha commentato il portavoce di British Skin Foundation - anche se gli altri 15 pazienti non hanno risposto al trattamento». In tutti i 17 pazienti, comunque, i linfociti armati hanno continuato ad essere presenti nell’organismo per un lungo periodo dopo l’iniezione. Per il professor Robert Hawkins, dell’università di Manchester, l’obiettivo raggiunto apre una serie di nuove possibilità anche se «la tecnica richiede dei miglioramenti».
Nessuno vuole gridare al miracolo, perché l’esperimento è soltanto il primo passo in un territorio ancora tutto da esplorare. Questi risultati, però, autorizzano a pensare che il futuro dell’oncologia stia proprio nell’ingegneria genetica, scienza da sempre oggetto di feroci polemiche.

Secondo alcuni, se si riuscisse ad aumentare la percentuale circolante di linfociti «T» e a produrre cellule simili in grado di attaccare altri tumori, la tecnica messa a punto da Rosenberg potrebbe essere davvero rivoluzionaria.

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