Per la prima volta al mondo create cellule umane da ovociti

L’annuncio riportato sul sito di «Nature». Gli autori della scoperta sono due ricercatori dell’Università di Milano. La possibilità di non sacrificare embrioni vitali risolverebbe ogni problema etico

Marisa de Moliner

da Milano

Le staminali tornano a far parlare di sé. Questa volta per una scoperta italiana ancora lontana però da tradursi in un impiego terapeutico. Due ricercatori dell'università di Milano sono riusciti, per primi al mondo, a produrre due linee di cellule staminali embrionali umane senza però utilizzare degli embrioni ma ovociti, cellule uovo non fecondate. Una pratica che ha il vantaggio di evitare dilemmi etici ma che suscita delle riserve da parte di alcuni esperti. Una vittoria anche per chi difende, dal punto di vista religioso e anche umano, la vita dell’embrione.
La notizia della scoperta milanese rimbalza da Praga dove s'è tenuto ieri il congresso della Società Europea di Riproduzione Umana ed Embriologia. Qui Tiziana Brevini e Fulvio Gandolfi dell'Università degli Studi di Milano hanno presentato il loro studio che è stato pubblicato sull'importante rivista scientifica Nature, il primo del genere ad aver dato dei frutti. Sono stati fatti, appunto, dei tentativi negli Stati Uniti puntualmente falliti. Ma come sono riusciti i due italiani a produrre le due linee di cellule staminali?
Sono ricorsi a un sistema che viene definito partenogenesi e che fuori dai laboratori accade spesso. La partenogenesi è una tecnica risproduttiva che in natura si verifica in molte specie animali, soprattutto insetti, e vegetali. La partenogenesi, scoperta nel diciottesimo secolo da Charles Bonnet, da sempre interessa gli scienziati. Il primo a cimentarsi con un esperimento di partenogenesi artificiale è stato Jacques Loeb. Da allora, quando è stato utilizzato un uovo di rana, di tentativi ne sono stati fatti parecchi. E negli ultimi anni sono stati gli americani a tentare la strada degli ovociti umani. Tentativi numerosi che non hanno però portato a risultati positivi.
I primi a riuscire nell'intento sono, quindi, la dottoressa Trevini e il suo collega Gandolfi. Un bel successo per gli italiani che sono riusciti a sbaragliare i ricercatori d'oltre oceano. Una conquista che non può che inorgoglire il mondo scientifico italiano ma che scatena qualche perplessità. E ad accogliere con questo spirito la notizia rimbalzata da Praga è il professor Bruno Dallapiccola, uno dei più famosi genetisti al mondo. «Tanto di cappello ma si tratta senz'altro di un interessante dato scientifico - dice - non so che utilizzo pratico se ne potrà avere. Mi riservo di leggere appena possibile questo studio ma dubito che possa dar luogo a cellule staminali da impiegare nel trattamento di patologie umane. Che cosa ce ne facciamo di cellule nate da un doppio contributo materno?». La produzione di cellule per partenogenesi non convince il professor Dallapiccola.


«Perchè - spiega - questo tipo di riproduzione si verifica spontaneamente su migliaia di casi e non dà luogo a un feto ma a una massa tumorale».
«E lo stesso - conclude il genetista romano - accade quando la riproduzione avviene per androgenesi».

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