Vuoi parcheggiare? Allora paga

Era «nonna Rosetta» a decidere in quali tratti di strada piazzare i suoi uomini, a stabilire la cifra che dovevano richiedere per ogni parcheggio e come doveva essere versata la dovuta «stecca». Pensava a minacciare chi tentava di non consegnarle il 50 per cento del ricavato e ad offrire assistenza legale a chi si fosse trovato nei guai. Ora un avvocato dovrà trovarselo lei, Rosa Caristena, 61 anni, calabrese, al vertice dell’organizzazione criminale che gestiva, come fosse un’impresa di famiglia, il racket dei parcheggi abusivi in mezza città, soprattutto all’Eur, ma anche intorno allo stadio Olimpico, al Bioparco, al Verano.
È stata arrestata insieme a sette dei suoi dieci figli, un nipote (anche lui costretto a versare alla potente zia la metà dei guadagni) e ad altre dieci persone con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata all’estorsione e alla violenza privata. Sapeva come farsi rispettare, tutti la temevano e versavano l’obolo pur di non perdere il posto di lavoro e la protezione dei sodali. I cittadini, d’altra parte, pagavano per paura di ritorsioni sia nei loro confronti che delle loro autovetture, e molto spesso pagavano anche il regolare ticket previsto per la sosta sulle strisce blu. Versavano 3, 4 o anche 5 euro (la tariffa aumentava in occasione di eventi importanti o davanti ad auto di grossa cilindrata) senza neppure avere la sensazione di subire un’estorsione. O forse soltanto per non perdere tempo denunciando il fatto all’autorità giudiziaria. E di questo, ieri, si è rammaricato il pm che ha condotto l’inchiesta, Tiziana Cugini, sottolineando la «reticenza dei cittadini a denunciare il sopruso». Non dagli esposti degli automobilisti, infatti, ma da una frattura all’interno del gruppo, ha avuto origine l’inchiesta. Ad allertare i carabinieri sono stati alcuni parcheggiatori stanchi delle pretese di Rosetta. Il resto lo hanno fatto appostamenti e intercettazioni.
Ai vertici dell’organizzazione c’erano «nonna Rosa» e alcuni suoi familiari. Al livello più basso cittadini italiani e qualche straniero, ai quali venivano distribuiti fischietti, ticket e cappellini, per sembrare parcheggiatori autorizzati. La donna sceglieva anche chi poteva far parte del suo giro. Se qualcuno occupava un parcheggio controllato da lei veniva avvicinato e, se necessario, mandato via a suon di botte, a volte a colpi di bastone. Se invece veniva ritenuto «appetibile» poteva restare nel gruppo. «Ti rompo la testa se non mi dai i soldi per i miei figli», «i miei figli ti daranno una lezione», «ti faccio picchiare da alcuni stranieri miei amici»: sono soltanto alcune delle minacce pronunciate da Rosetta nei confronti dei parcheggiatori che non volevano pagare o che guadagnavano poco. Rosa Caristena avrebbe rivolto anche minacce di morte a un’abusiva che aveva presentato una denuncia: «Ho saputo qualcosa di quel giorno che sei stata dai carabinieri, se mi succede qualcosa ti ammazzo». L’organizzazione poteva contare anche su di una sorta di servizio «staffette» che avvisavano in caso di avvicinamento delle forze dell’ordine.

Nel provvedimento restrittivo vengono elencati alcuni episodi di ritorsione ai danni di alcuni automobilisti, come quello di una donna che, dopo aver parcheggiato la macchina davanti al Palalottomatica rifiutandosi di dare 5 euro all’abusivo di turno, l’aveva ritrovata senza la spazzola lava vetri. Le minacce, del resto, erano state fin troppo chiare: «Str..., mi devi dare i soldi altrimenti mo’ ci penso io! È meglio che non ti metti qua, poi fai come vuoi».

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