Le cronache narrano che nel passato settembre, al termine dell'esecuzione del Concerto in la minore di Paderewski, la sala del KKL di Lucerna si sia alzata in piedi per tributare un'ovazione al giovane pianista che aveva domato il poco noto e tecnicamente probante concerto del grande oratore, leone del pianoforte e primo ministro della Polonia dopo la Grande Guerra. Ad applaudire convinta Yoav Levanon (nella foto), il diciannovenne solista israeliano, c'era Martha Argerich, della cui capacità di giudizio e generosità con le nuove leve pianistiche nessuno può dubitare. Un recente ascolto a Lugano Musica nel non meno difficile Secondo concerto per pianoforte e orchestra di Franz Liszt, il concerto sinfonico in sei movimenti senza soluzione di continuità, ha confermato tutte le attese. L'indimenticato Gianni Clerici avrebbe costellato la prova di Levanon con ««bollini rossi», quelli riservati ai colpi formidabili. Infatti Levanon ha tutti i fondamentali per arrivare ad essere fra i migliori solisti della generazione Z.
Entusiasmanti non solo le doti trascendentali che Levanon ha mostrato suonando con una compostezza e una concentrazione non comuni - qualche sporadica messa in piega della chioma leonina alla giovane Brahms - ma anche la musicalità e qualità del suono: brillante senza superare le soglie del compiacimento, morbido quando necessario, perentorio nelle folate delle ottave parallele. Doti speciali che si possono apprezzare nel recente cd realizzato per Warner dedicato ai travolgenti Etudes-Tableaux op. 39 di Rachmaninov.
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