ZEFFIRELLI «Con l’Aida torno al mio primo palco»

\Nel racconto di questo uomo del Rinascimento nato con qualche secolo di ritardo (12 febbraio 1923) sfilano luoghi e volti che hanno fatto la storia del costume e della cultura: da Coco Chanel a Luchino Visconti e a Maria Callas, da Elizabeth Taylor a Richard Burton, da Parigi a Positano, a New York... «Sono convinto che la mia sopravvivenza - mia madre, Adelaide Garosi, si oppose tenacemente all’idea di abortire - faceva parte del disegno di un ordine superiore. Gli incontri, le idee, i miracoli che mi hanno salvato durante la guerra e anche dopo sono tutte cose che dovevano accadere, è come se l’anima di mia madre mi sia sempre rimasta accanto. Anche il mio nome è in fondo un segno del destino: mamma, che adorava Mozart, scelse per me un nome tratto da un’aria dell’Idomeneo, Zeffiretti. All’anagrafe di Firenze un burocrate senza musica lo storpiò in Zeffirelli. Anni dopo mio padre, Ottorino Corsi, commerciante di stoffe e grande rubacuori decise di riconoscermi e di darmi il suo nome: ma io oramai ero già Zeffirelli, ero unico, non volevo spartire nulla con nessuno».
Il rapporto Milano e Zeffirelli è speciale. «È stato il primo palcoscenico ad accogliermi “nudo e crudo”, forte solo del mio nome. Avevo trent’anni, era il 1953, feci le scene e i costumi de L’Italiana in Algeri. Era l’epoca d’oro del bel canto italiano, Tebaldi, Callas, Di Stefano, Del Monaco, Corelli, Simionato, voci eccelse al massimo del loro splendore. In quegli anni potevi avere nella stessa settimana tre opere di Verdi con tre diversi cast tutti di altissima qualità. C’era Ghiringhelli come Sovrintendente, un uomo non amabile, De Sabata come direttore, corretto, generoso e grandissimo. E naturalmente quelli furono anche gli anni dell’“uragano” Callas».
Con la Divina Franco ha avuto qualcosa di più di un puro e semplice rapporto professionale. «Era una donna di un fascino insuperabile, per la quale avrei fatto qualsiasi cosa. Andai perfino a Skorpios, da quell’orribile Onassis per cercare di convincerla a tornare in scena. E durante un giro in barca tentò persino di farmi delle avances, forse per mettere zizzania fra me e Maria. Per me la musica lirica si divide in a.C. e d.C., prima e dopo Callas». Se la Callas rimane unica, altre grandi figure femminili gli hanno comunque dato amicizia e aiuto. Fu grazie a Coco Chanel che Franco potè sempre trarsi d’impaccio nei momenti di difficoltà: 12 disegni di Matisse erano stati il regalo che la grande stilista gli aveva fatto al momento di lasciare Parigi. Anna Magnani fu non solo una presenza esemplare nel suo eccesso, ma anche quella che lo mise in guardia nei confronti di Visconti: «È un serpente».
Elegante, avvolto in una candida sciarpa, Zeffirelli ha i modi e il tono di un gentleman inglese. «È tutto merito di miss Mary», dice sorridendo. Miss Mary è la arcigna signorina british che insegnò al piccolo Franchino la lingua d’Oltremanica e gli trasmise anche la passione per Shakespeare. Tutta la sua giovinezza è stata del resto scandita da figure femminili, un modo come un altro per consolare un bambino rimasto già a sei anni orfano di madre: così la balia Ersilia, la zia Lide, miss Mary appunto, saranno le sue compagne di gioventù.
Per questa prima dell’Aida Zeffirelli vuole uno spettacolo perfetto come l’Otello con il Maestro Kleiber nel 1976 sotto l’egida del sovrintendente Paolo Grassi e Placido Domingo come interprete. «È la prima volta che lavoro con Riccardo Chailly.

I rapporti sono ottimi a differenza di quelli con Muti. Il mio Egitto sarà immaginato e immaginario, sospeso e segreto, astratto e onirico. Esoterico come fu esoterico Verdi nel musicarlo aggiungendogli un alone di mistero e di passione».

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