S’inventa il rapimento della figlia per ottenere un aiuto economico

«Due uomini armati hanno preso la mia bimba». Ma la polizia trova poco dopo la piccola di 20 mesi a casa della nonna

Vanni Zagnoli

da Reggio Emilia

Disoccupato, senza soldi, si è inventato il rapimento della figlia di appena venti mesi. Panico, a Reggio Emilia e nella città vicine: troppo fresca la storia di Tommaso Onofri, per due ore è stata psicosi. Poi l'allarme è rientrato. Anzi, non sarebbe neppure dovuto partire, perché la piccola Gaia era a casa sua, come ogni giorno, in via Mameli, alle porte del centro storico. La bimbetta era con la nonna di 63 anni, che ha aperto alle forze di polizia, sorpresa per la sua visita.
Il giallo è andato avanti due ore. Il mitomane è un napoletano di 35 anni, Salvatore Viviani, pregiudicato, operaio attualmente senza lavoro, che aveva denunciato il rapimento della figlia di 20 mesi, Gaia. Sosteneva di essere stato minacciato con la pistola da tre persone, mentre la stava facendo scendere dall'auto. Viviani si è inventato la storia per attirare l'attenzione su di sé. «Dottoressa, mi aiuti lei - ha detto al magistrato, alla fine dell'interrogatorio -, non ho un soldo». E' stato sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio. Adesso verrà incriminato per procurato allarme e simulazione di reato. Aveva in mente di fare soldi, probabilmente di ricevere aiuti, sperava che la gente s'impietosisse e facesse arrivare il denaro di cui ha bisogno per mantenere se stesso, la compagna di 27 anni, polacca, che lavora in un'impresa di pulizie, e pure la piccola Gaia.
Verso le 16 ha denunciato alla polizia che la piccola gli era stata strappata dalle mani, da due uomini, uno dei quali armato di pistola. I due, dall'accetto straniero, sarebbero poi fuggiti a bordo di una vettura di grossa cilindrata, di colore scuro, Bmw o Mercedes. Naturalmente non c'erano testimoni e il fatto sarebbe avvenuto in via Caravaggio, dall'altra parte della città di Reggio, in direzione Modena, vicino a un parco.
Viviani ha lanciato l'allarme. È cominciata la caccia all'uomo da parte di polizia e carabinieri. Da Bologna si sono mossi gli uomini della sezione criminalità organizzata della squadra mobile, mentre il lui veniva sentito dagli inquirenti. Il pm Maria Rita Pantani si è resa conto subito che qualcosa non andava. «Non aveva l'aspetto di un padre a cui era stata rapita la figlioletta».
Gesti e sguardo erano da persona intimorita dagli agenti, non disperata perché gli avevano portato via la cosa più cara che ha al mondo. La sua famiglia è povera, pareva incredibile che avessero portato via proprio sua figlia. Aveva lasciato Napoli tre anni fa, in cerca di un lavoro più soddisfacente, invece le cose non erano andate bene.
«La macchina investigativa - racconta Antonio Turi, capo della Squadra Mobile della Questura di Reggio Emilia - si è mossa subito in tre direzioni: abbiamo convocato l'uomo nei nostri uffici, siamo andati a cercare la moglie sul posto di lavoro, mentre altri poliziotti andavano a casa sua per la perquisizione».
Viviani è crollato soltanto quando gli è stato comunicato che la piccola Gaia stava bene ed era con la nonna, come ogni pomeriggio.
«Avevo sentito mio marito al telefono per l'ultima volta alle 16 - ha detto la moglie agl'investigatori -, non potevo credere che pochi minuti tardi me l'avessero portata via».
La prima ipotesi sulla messinscena riguardava dissidi con la moglie. Si pensava a un litigio, a una vendetta di Salvatore nei confronti della donna. Nulla di tutto questo.

Solo la disperazione per la mancanza di un lavoro. Ora il pm Maria Rita Pantani potrebbe chiedere che la piccola Gaia venga affidata ai servizi sociali. Quel che importa è che stia bene e che non sia mai stata in pericolo.

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