La trans e la musulmana litigano per lo spogliatoio. Cortocircuito woke in tribunale

La "transfrau" Kylie, dipendente in una filiale di Mcdonald a Berlino, vuole usare la toilette femminile, ma la giovane islamica non ci sta e la trascina davanti ai magistrati: a chi daranno ora ragione i benpensanti?

La trans e la musulmana litigano per lo spogliatoio. Cortocircuito woke in tribunale
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Scatta il "panico" all'interno dell'universo del politically correct dopo che una sentenza sarà destinata a fare giurisprudenza non solo in Germania - dove è stata emessa - ma in tutta quella fetta politica-sociale nel resto dell'Occidente che si è sempre eretta per difendere i diritti sia della comunità Lgbt+ sia di chi professa in maniera "moderata" la religione islamica. Perché adesso, per tutti gli esponenti radical-chic partirà inevitabilmente la lunga ricerca di una risposta netta al dubbio amletico sorto dopo una diatriba sviluppatasi tutta in terra tedesca: dare ragione e sostegno all'uomo che si sente donna e che quindi avrebbe la libertà di entrare nei bagni femminili oppure a una giovane musulmana che denuncia una violazione dei propri diritti?

Ecco come si sono svolti i fatti riportati dalla Berliner Zeitung. Kylie è un dipendente della McDonald alla Hauptbahnhof (la stazione centrale di Berlino) e ha fatto coming out come "transfrau" - letteralmente "donna trans" - anche la traduzione potrebbe non essere considerata correttissima dai diretti interessati in quanto si tratta più precisamente di uomo che decide di essere donna anche se non si è ancora operato (e da non confondere con travestito). Succede che questa persona chiede di potere utilizzare lo spogliatoio delle dipendenti: la direzione non ha nulla in contrario, ma una cameriera islamica proibisce a Kylie di cambiare l'uniforme vicino a lei. A questo punto i responsabili del fast food cambiano idea e appoggiano la ragazza, pregando Kylie di tornare nello spogliatoio maschili. La transfrau non è d'accordo e non accetta nemmeno la soluzione di compromesso, ovvero il trasferimento in un'altra filiale dove si trattano hamburger e dove quindi non lavorano dipendenti musulmani.

Kylie denuncia quindi la direzione per discriminazione, chiedendo un risarcimento. In una prima istanza il giudice le dà tuttavia torto e la costringe ad andare direttamente a processo al tribunale del lavoro. La persona gender fluid presenta quindi ulteriore ricorso ed è qua che i cittadini berlinesi rischiano seriamente di spaccarsi. Loro, del resto, sono da sempre all'avanguardia nell'accettare ogni variante sessuale, ma adesso tra due si trovano in scacco matto tra tolleranze di segno opposto. Qualunque sarà la conclusione, infatti, non potrà accontentare tutti: nemmeno nella capitale europea più "tollerante". Manca ancora la motivazione del giudice, ma si può intuire che il magistrato avrà dato torto a Kylie in quanto, nonostante il verdetto andrebbe contro la sua nuova sensibilità femminile, potrebbe sfruttare degli ambienti bisex che esistono da anni a Berlino, anche per esaudire le richieste del movimento Lgbt.

Nel frattempo, il governo del cancelliere Olaf Scholz - reduce da una fresca titanica scoppola alle elezioni europee e ormai considerato un semplice reggente e traghettatore fino al voto nazionale del settembre 2025 - invece che a pensare a problemi di carattere più urgente in confronto ai rispettabilissime questione di percezione gender, ha proposto con la sua coalizione una legge sulla autodeterminazione di genere: seguendo di fatto la moda del momento e imitando in questo gli Stati Uniti d'America, ognuno potrà decidere a

quale sesso appartenga e cambiare idea quando vuole, nel caso la norma dovesse essere approvata. Tutto quindi verrà "finalmente" risolto: in attesa della prossima controversa in tribunale tutto in salsa woke.

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