Usa, le ragioni dei "bifolchi" rifiutati dalla politica

Il caso "Hillbilly": come una fetta di popolazione ha un grosso peso nelle elezioni americane

Usa, le ragioni dei "bifolchi" rifiutati dalla politica

Li chiamano Hillbilly e le loro facce conservano qualcosa di American Gothic, il dipinto di Grant Wood. C'è quel padre con il forcone che guarda l'orizzonte insieme alla figlia e non sembra aspettarsi nulla di buono. È il 1930 e il peggio non è ancora passato. Sono l'America che non si fida, che si rifiuta di cantare le canzoni delle belle parole che arriva dalle metropoli, con i figli sopravvissuti a fatica alle grandi occasioni del mercato globale, con la maledizione dei derelitti che scontano la colpa di essere la schiatta sconfitta della supremazia bianca. Quelli finiti ai margini senza neppure avere il peso di essere stati discriminati. Eccoli, allora, i perdenti senza alibi, che si aggrappano al disprezzo e al furore per andare avanti. Qui in Italia li si può soprannominare bifolchi, quelli che aravano i campi con i buoi e negli anni di Giuseppe Di Vittorio si erano perfino iscritti alle camere del lavoro con l'illusione di trovare pane e giustizia. Il destino dei parischiatta americani non segue magari gli stessi sentieri, ma il finale non è poi tanto diverso. È tutta gente raccontata in Hillbilly Elegy, il romanzo di J.D. Vance che ha pubblicato quasi dieci anni fa, quando l'idea di candidarsi come vice di Trump alla Casa Bianca gli sembrava una bestemmia. Ora sono tornati sul palcoscenico, anche per colpa di Vance, come il male oscuro della democrazia, le bestie da soma con l'anima corrotta e i cattivi pensieri. Sono quelli che votano senza averne il diritto morale. Non sembra esserci nel dibattito pubblico molto spazio per le loro ragioni. Le avranno anche loro? La prima cosa da dire è che non sono tutti contadini. Ci sono operai senza più fabbriche, commessi senza negozi, dipendenti che hanno messo la loro vita dentro un paio di scatole e ora sono troppo vecchi per riaprirle da qualche parte. C'è chi si sentiva un tranquillo affiliato della middle class e ora si chiede quando le sue ore sono deragliate e come si è ritrovato a bestemmiare la moglie a cui non riesce a girare l'assegno per i figli dispersi, scansando davanti allo specchio i sensi di colpa e il sapore di merda del fallimento. Ci sono i piccoli imprenditori edili dell'Ohio spazzati via dalla stagionale crisi immobiliare e muratori e manovali finiti a scolarsi una birra dopo l'altro nei bar dei lavori infranti. Ci sono i vecchi proprietari della ferramenta dietro l'angolo che hanno tirato giù la saracinesca e ora lui, il marito, fa i conti con un cancro ai polmoni da nicotina e tabacco e lei, la moglie, non ha mai ammesso che quella sciatteria che gli è caduta addosso è una delle tante sponde dell'alcolismo. Di storie come queste ce ne sono milioni, in ogni angolo dell'Occidente, e nessuna è uguale all'altra. Solo al momento del voto condividono lo stesso desiderio: mostrare il dito medio a chi promette un paradiso green e la festa dell'orgoglio lesbo, trans, omosessuale.

Non c'è dubbio che i «bifolchi» siano conservatori, con vocazione reazionaria. È che da generazioni quando il vento cambia loro si ritrovano dalla parte sbagliata, spesso a spalle scoperte davanti al futuro. È una storia lunga cominciata quando sono stati piazzati fuori campo rispetto alla rete delle grandi ferrovie. Si sono beccati in faccia il '29 e poi i loro figli si sono fatti tutte le guerre, senza crederne a una, e magari quando sono tornati li hanno pure insultati. Li hanno drogati con il sogno americano per poi vendergli anfetamine. Hanno visto cadere il comunismo e perdere senza motivo il potere d'acquisto. La globalizzazione gli ha portato via fabbriche e lavoro, come regalo però è arrivato il meraviglioso mondo virtuale che ha reso futile la realtà, fino a vedere le loro figlie spogliarsi su only fans. Si sono aggrappati come Giobbe alla famiglia, a cui continuano a credere per non sentirsi sradicati fino al midollo. Una famiglia sempre più allargata, malata, dove i nonni si mangiano i figli e i figli dei figli. «La famiglia è l'unica cosa che conta». Non importa che ognuna sia infelice a modo suo.

La risposta che hanno avuto è sempre la stessa: pazienza, questo è il progresso. Qualcuno paga un prezzo per il bene di tutti. Lo pagano tutte le minoranze sderenate. Il guaio è che loro sono bianchi, sconfitti non certificati, e se continuano a lamentarsi sono solo degli stronzi egoisti. Sono quelli che negli anni '80 tifano quel bifolco di Larry Bird contro Magic Johnson, brutali cecchini contro la bellezza della fantasia. Alla fine stanno sempre dalla parte sbagliata del fiume. Li guidano sentimenti meschini. Il loro menefreghismo li rende ostili a tutte le guerre, ma sono pacifisti senza passione. La diffidenza contro il potere li fa involontari paladini della libertà, ma difendono la propria casa e forse quella del vicino. Sono cani sciolti come i personaggi di Clint Eastwood: «Chiunque sarà meglio di Obama».

Si possono non amare le loro ragioni, ma non sta scritto da nessuna parte che conservatori o reazionari non abbiano diritto di cittadinanza. È il punto cieco della democrazia: votano anche i bifolchi e non è sempre detto che siano più cattivi dei buoni.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica