
Si è aperta ieri a Washington la sessione di primavera del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale. È il meeting più decisivo dalla crisi finanziaria del 2008. Stavolta, però, a spaventare i mercati non è solo l'ombra di un rallentamento economico globale, ma il clima incandescente della guerra commerciale scatenata dalla Casa Bianca. Le tariffe imposte dall'amministrazione Trump su tutti i partner internazionali, a partire dalla Cina, hanno stravolto lo scenario economico.
Oggi arriveranno le nuove stime del Fondo, contenute nel World Economic Outlook, ma la direttrice Kristalina Georgieva ha già anticipato una «riduzione significativa del tasso di crescita atteso», pur precisando che «al momento non vediamo una recessione». Tuttavia, il sentiment resta pessimistico: il Wto stima ora un calo dello 0,2% nei volumi di scambio di merci per il 2025, contro il +3% previsto a gennaio. Wall Street ieri ha reagito con nuovi forti ribassi: alle 20 ora italiana il Dow Jones perdeva il 3,3%, l'S&P 500 il 3,4% e il Nasdaq il 3%. Una riapertura non certo rassicurante dopo la pausa.
Al centro dei lavori dell'Fmi ci saranno gli incontri bilaterali, con ogni Paese intento a negoziare condizioni favorevoli per mitigare l'impatto dei dazi americani. «Il rischio fanno notare diverse fonti diplomatiche è che questa frenetica corsa ai rapporti diretti con la Casa Bianca faccia tramontare l'idea stessa di cooperazione multilaterale che ha retto il sistema di Bretton Woods». Tutti gli occhi sono puntati sull'eventuale confronto tra Stati Uniti e Cina.
Non aiuta il clima di tensione l'ultimo affondo del presidente Trump contro la Federal Reserve. Giovedì scorso ha minacciato di licenziare il presidente Jerome Powell, «colpevole di non aver tagliato i tassi di interesse», alimentando dubbi sull'indipendenza della banca centrale. Il rendimento dei Treasury a 10 anni è salito oltre il 4,37%, mentre il dollaro ha perso terreno sull'euro, scivolando a quota 1,1544, il livello più alto per la moneta unica dal novembre 2021. Nel frattempo, i mercati continuano a rifugiarsi nell'oro, che ha toccato un nuovo record a 3.405 dollari l'oncia. «È il segnale di una profonda incertezza degli investitori, preoccupati dall'inasprimento delle tensioni tra Cina e Stati Uniti», commenta Terence Hove, strategist di Exness.
In questo contesto di fragilità e turbolenze, arriva anche la notizia dell'addio di Klaus Schwab (in foto) alla presidenza del cda del World Economic Forum.
«Con l'ingresso nel mio 88simo anno, ho deciso di dimettermi con effetto immediato», ha annunciato l'economista tedesco, fondatore del Forum di Davos nel 1971. La presidenza ad interim passa a Peter Brabeck-Letmathe, già alla guida di Nestlé. Una fine simbolica di un'era, quasi a suggellare la fase di transizione.
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