
Gentile Direttore Feltri,
si dice che il primo clandestino rimpatriato, di quelli che sono stati portati (io non dico deportati) in Albania, sia un venditore di rose del Bangladesh. Il quotidiano Repubblica ha diffuso questa notizia. Concorda anche lei che sia un provvedimento esagerato l'espulsione per uno che vendeva rose all'uscita dei ristoranti romani? Aspetto con ansia la sua onesta opinione.
La ringrazio.
Sara Melluso
Cara Sara,
il bengalese rimpatriato non era uno stinco di santo, quantunque la sinistra tenti di proporlo quale vittima indifesa e inerme di un governo fascista e razzista che non avrebbe pietà di miseri e disperati immigrati che scappano da fame e guerre per vivere onestamente in Italia o che cercano di sopravvivere in qualche modo senza ledere nessuno, magari vendendo qualche rosa quando giunge la sera, giusto per potere mettere qualcosa nello stomaco. Questa è una narrazione senza dubbio romantica e tenera ma assolutamente falsa. Innanzitutto, i venditori di rose, ai quali io stesso, dato che mi dispiace ma soprattutto per liberarmene considerato che diventano molto invadenti, non svolgono una attività legale e operano per conto di associazioni criminali che li sfruttano. Non parliamo quindi della piccola fiammiferaia che all'angolo della strada vende i fiammiferi al freddo e al gelo, bensì di migranti irregolari i quali lavorano in modo irregolare, da abusivi, incrementando gli affari della criminalità organizzata. Puntualizzato questo, mi addentro nel caso specifico. La persona in questione non è stata di certo rimpatriata perché pellegrinava per i locali proponendo la sua merce floreale. La sinistra fa finta di nulla ed omette certi dettagli eppure questo extracomunitario aveva collezionato e messo a segno una serie di reati che Repubblica ha definito piccoli. È un piccolo reato la violenza domestica e privata? Non credo. Non lo è affatto. E non dovrebbe essere reputato tale soprattutto da quei progressisti che vedono sessismo e sopraffazione della donna persino nell'assenza dell'astina alle vocali, quelli che scendono nelle piazze contro il patriarcato, che si indignano per ogni minimo comportamento ritenuto in qualche maniera lesivo della donna, quelli che sono sempre pronti a giustiziare il maschio, quando è italiano, ma che pure graziano il maschio quando è immigrato. Ed ecco che diventa possibile l'impossibile: chiamare piccolo il delitto contro la donna se a compierlo è l'extracomunitario. Il bengalese rispedito a casa sua era un soggetto socialmente pericoloso, come era stato dichiarato dalla prefettura di Palermo.
La storiella del venditore di rose i cui diritti sono stati calpestati da un esecutivo disumano non regge. E non ci casca più nessuno oramai. Suvvia.
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