Il Khan non (de)morde

Le contraddizioni di un orientamento politico

Il Khan non (de)morde
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Ormai è così. Le rivoluzioni le fa la destra e i soldi la sinistra. È solo perché la ricchezza si sta concentrando in sempre meno mani che la sinistra perde sempre più di frequente le elezioni: hanno tanti soldi ma troppo pochi voti.

Dominique Strauss Kahn, ad esempio. Nato a Neuilly-sur-Seine, il sobborgo parigino pour les riches, socialista purissimo, più volte ministro, una predilezione per mogli ricche, famose e femministe, globalista del lusso, per quattro anni direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, insomma il perfetto politico che conosce il popolo come le sue tasche, sempre piene, dopo avere sistemato fastidiose beghe giudiziarie che lo hanno portato dentro e fuori da hotel e tribunali (e non vogliamo fare la morale a nessuno, per carità; tanto meno la doppia morale), è tornato nell'arena. Ed è apparso anche in tv per spiegare che lui voterà a sinistra «perché il programma del Nuovo Fronte Popolare promuove la ricerca della giustizia sociale».

Insomma, abbiamo capito che: 1) la sinistra francese, a differenza di quella italiana, ha un programma; 2) che rispetto alla nostra, travolta dall'urgenza dei diritti civili, si ricorda che esistono anche quelli sociali.

In più abbiamo avuto la conferma che i politici più stanno a sinistra, più vivono in centro e più abitano in alto. Finanza e Sinistra convivono in attici di lusso.

E questo, anche fuori dalla Francia, non significa avere la forza di mettere in piedi un governo. Ma almeno discrete possibilità di impedire agli altri di farlo.

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