No a tatuaggi, piercing, convivenze e fotocopie. La stretta nella Basilica del Papa

Nuovo regolamento per i dipendenti della Fabbrica di San Pietro. Tra richieste di decoro e paura dei corvi, cosa ha deciso il Vaticano

No a tatuaggi, piercing, convivenze e fotocopie. La stretta nella Basilica del Papa
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Il dinamismo legislativo, ormai tratto caratterizzante dell'attuale pontificato, non si è fermato nella festa di San Pietro e di San Paolo. Gli ennesimi provvedimenti annunciati nel bollettino della Sala Stampa della Santa Sede di ieri consistevano in un Chirografo, un Rescritto, Statuti e Regolamenti del Capitolo della Basilica Papale e della Fabbrica di San Pietro in Vaticano. A catturare l'attenzione dei media è stato soprattutto il regolamento del personale della Fabbrica di San Pietro.

Le regole

Alla Fabbrica di San Pietro spetta il compito di occuparsi di tutto ciò che riguarda la Basilica di San Pietro. Al personale è intanto richiesto di "professare la fede cattolica e vivere secondo i suoi principi". Una richiesta che implica, come specificato nel regolamento pubblicato ieri, "osservare una esemplare condotta religiosa e morale, anche nella vita privata e familiare, in conformità alla dottrina della Chiesa".

Un paragrafo ad hoc è riservato al decoro. Il legislatore ha stabilito che "il personale di ruolo è tenuto ad avere cura del proprio aspetto esteriore in conformità alle esigenze e alle consuetudini dell’ambiente di lavoro. Nel rispetto del decoro e degli ambienti di lavoro sono banditi tatuaggi a vista della pelle ed elementi di body piercing". Niente tatuaggi vistosi né piercing per i lavoratori, quindi.

Non mancano i divieti nel regolamento. Il personale della Fabbrica non potrà "aderire a istituzioni o associazioni i cui scopi non sono compatibili con la dottrina e la disciplina della Chiesa o comunque partecipare alla loro attività". Tra queste non c'è dubbio che debba essere inclusa anche la massoneria. Pesa la stagione dei corvi in Vaticano ed evidentemente anche le fughe di notizie su ciò che avviene in quest'ambito. Lo si capisce dalla necessità di inserire una disposizione che vieta di "asportare documenti originali, fotocopie, copie elettroniche o altro materiale d’archivio e di lavoro riguardante la propria attività e tenere fuori dal luogo di lavoro note o appunti circa le questioni che si trattano nella Fabbrica". Tra le sanzioni disciplinari c'è anche il licenziamento che, oltre a motivi di insubordinazione e indisciplina, può scattare anche per la violazione del segreto pontificio o "per elementi risultanti dagli atti di procedimento giudiziario o disciplinare che facciano ritenere la permanenza in servizio del dipendente incompatibile con la dignità dell’impiego nella Santa Sede".

Il passato recente

Non sono stati anni facili per la Fabbrica di San Pietro che quattro anni fa era stata teatro di un'indagine con tanto di nomina di un commissario straordinario da parte del Papa, il nunzio monsignor Mario Giordana.

Nel mirino era finita la gestione economica, ma il commissariamento - ampiamente pubblicizzato all'epoca e di cui aveva dato notizia anche la Sala Stampa della Santa Sede - si era concluso nove mesi dopo senza che risulti alcuna responsabilità attribuita alla precedente gestione negli anni in cui il cardinale Angelo Comastri era Vicario generale per la Città del Vaticano, Arciprete della Basilica papale di San Pietro nonché Presidente della Fabbrica di San Pietro. Il successore di Comastri, noto al grande pubblico per il rosario quotidiano nei giorni della pandemia, è il cardinale francescano Mauro Gambetti, giá Custode di Assisi.

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