“Qui si prostituiscono anche i bambini”. La scioccante testimonianza arriva da Napoli, da via Gianturco. In una zona dove la prostituzione sulle vie pubbliche è un fenomeno dilagante, che va in scena a tutte le ore del giorno, c’è chi riferisce di ragazzine impegnate a consumare rapporti sessuali all’aperto e di bambini intenti a concludere trattative con anziani, sotto gli occhi dei residenti, in una zona abitata e normalmente affollata durante il giorno
Un nuovo campo rom abusivamente è stato messo in piedi a Napoli. L’accampamento è sorto nell’ultimo anno in un’area verde abbandonata situata in via del Macello, nel quartiere di Poggioreale. Sono 15 le famiglie che vivono nella nuova baraccopoli. A riferircelo è uno degli occupanti. Ci sono anche molti bambini, almeno una decina quelli che abbiamo visto. L’insediamento è sorto sotto il ponte della Statale 162, a ridosso della caserma sede del comando provinciale di Napoli dei vigili del fuoco, in uno spazio dove un tempo c’era un campetto di calcio oggi ridotto a discarica di rifiuti
Occupano abusivamente l’ex mercato ortofrutticolo. Centinaia di rom vivono da quasi tre anni in un’area comunale in stato di abbandono in via Gianturco. Si tratta di uno dei tanti insediamenti abusivi presenti a Napoli. Numerosi sono i bambini che vivono nell’accampamento, anche neonati. Una ventina, in età scolastica, ne abbiamo trovati a giocare mentre nella scuola vicina si faceva lezione. Intorno a loro, rifiuti speciali ammucchiati, sporcizia, e un fabbricato decadente dove ogni famiglia si è ritagliata il suo spazio. Nell’area occupata, bruciano continuamente rifiuti, come documentano i video registrati dai residenti. Numerosi i disagi che lamentano gli abitanti della zona, costretti spesso anche ad assistere a rapporti sessuali consumati all’aperto e all’espletamento di bisogni fisiologici in pubblico
Pioggia che si infiltra dalla volta in vetro e ferro, pavimenti rotti e disconnessi, venditori ambulanti abusivi, rifiuti sotto i porticati. L’incuria imperversa nella maestosa galleria Umberto I di Napoli. Il suo fascino non smette di ammaliare, ma i disagi sono tanti per chi la vive ogni giorno, e le insidie nate dall’abbandono mettono a dura prova la sicurezza di chi vi mette piede. La facciata di via Toledo della galleria è ancora coperta da un’impalcatura, da quel 2014 in cui il 14enne Salvatore Giordano trovò la morte, colpito da calcinacci crollati dal cornicione. Quella tragedia probabilmente non è bastata
Chiedono soprattutto di poter garantire sicurezza i dirigenti scolastici. Si sono riuniti ieri a Napoli, tutti con la stessa preoccupazione: le scuole pubbliche cadono a pezzi e c’è la necessità di garantire l’incolumità degli studenti e del personale scolastico. In una ventina quelli che sono accorsi presso la sede dell’associazione Kodokan, in piazza Carlo III, raccogliendo l’invito di Franca Principe, la dirigente scolastica condannata dai giudici della Cassazione per il ferimento di uno studente avvenuto nel 2011 in seguito alla caduta di un lastrico nel liceo Pisacane di Sapri. “Nessuno di noi ha ottenuto risposte alla richiesta del certificato di agibilità dei plessi scolastici. Cosa possiamo fare nell’immediato?”, chiedevano esasperati alcuni presidi in assemblea
Un telo sul sito inquinato per abbattere i miasmi, una misura che 6 mesi fa decisero di adottare gli enti competenti. Ma l’aria continua ad essere irrespirabile e da quel momento i disagi per i residenti sono solo aumentati. Siamo stati a Mariglianella (Napoli), nel posto dove 24 anni fa un incendio mandò in fumo il deposito di Agrimonda, un'attività di rivendita di fitofarmaci e di altri prodotti per l'agricoltura. Da quel giorno il sito attende ancora la bonifica. Solo a gennaio scorso furono definitivamente rimossi i rifiuti combusti che erano rimasti accantonati all'esterno della struttura dal giorno dell’incendio. Ma, da quel momento, i miasmi, ormai persistenti, sono diventati più insopportabili. Nemmeno l'apposizione del telone impermeabile è riuscita a contenere le emissioni, a cui è andato ad aggiungersi il tanfo sprigionato dall'aqua che ristagna sulla copertura isolante. Dopo quasi un quarto di secolo di attesa, i residenti che vivono nelle abitazioni a ridosso di Agrimonda sono ancora costretti a subìre l’inquinamento del suolo e della falda acquifera, accertato appena a maggio scorso, in una zona in cui ci sono diversi campi dove non si è mai smesso di coltivare. Nei campioni analizzati dall’Arpac sono stati rilevati valori elevati di mercurio, di allumionio, ddt, benzene, di fitoformaci, alcuni dei quali risultano ormai banditi. Negli ultimi giorni un incontro presso la Regione Campania si è concluso con l’approvazione del piano di caratterizzazione. Soddisfazione hanno espresso i sindaci dei comuni interessati dal problema. Ma si tratta solo di una fase preliminare alla bonifica, uno step della procedura di risanamento dell’area arrivata a metà percorso dopo un quarto di secolo
Cicchetti low cost, canne in libertà e possibilità di intrattenersi con gli amici per ore, senza limiti. Sono le condizioni che hanno reso piazza Bellini da sito testimonianza della storia di Napoli, e da luogo di ritrovo - quale era - di intellettuali, a uno dei principali luoghi in cui si concentra la movida napoletana. Alcolici offerti dai baretti a prezzi vantaggiosi e la facile reperibilità di sostanze stupefacenti l'hanno resa posto ideale per chi vuole sballarsi. Di notte ad affollarla sono soprattutto i giovani, che la inondano principalmente nei fine settimana, arrecando non pochi disagi ai residenti. L’ultima ordinanza del sindaco De Magistris dispone, tra le altre cose, il divieto di vendita di alcol da asporto e di bevande in vetro e lattina a partire dalla mezzanotte. Stabilisce, inoltre, un orario di chiusura dei locali, ai quali si impone anche di adottare misure interne contro i rumori molesti. Ma basta passare 10 minuti in piazza Bellini per assistere alle continue trasgressioni
Musica, alcol e droga animano le serate in molti locali notturni. Anche a Napoli. Abbiamo fatto un giro nei locali del centro storico e questa è la situazione che abbiamo trovato. Le notti brave cominciano nei baretti disseminati tra piazza Bellini, piazza San Domenico Maggiore e via Mezzocannone. Per uno schortino basta un euro. Dei pusher di sostanze stupefacenti sono a portata di mano, si trovano ad ogni angolo. Poi, a notte fonda, si entra in discoteca
Non è solo uno dei fiumi più inquinati d’Europa. Il Sarno rappresenta un pericolo per chi popola il suo bacino idrografico anche per l’elevato rischio di esondazioni. E per averne un’idea basta fare un giro tra le campagne attraversate dai suoi affluenti. Ci sono canali ostruiti dal sedime. La melma ha alzato così tanto i fondali che l’acqua ha raggiunto il livello dei piani viabili dei ponticelli che permettono di attraversarli. E quando piove l’acqua che contengono (resa torbida dall’inquinamento) finisce per inondare i terreni coltivati e le case dei contadini. Un pericolo e un danno enorme per l’economica locale, per quei piccoli agricoltori che ancora resistono e per il territorio. Ci vorranno ancora anni prima dell’avvio delle opere previste dal Grande Progetto Sarno per la sicurezza idraulica del fiume. Intanto, il pericolo di esondazioni è concreto e resta imminente. E la speranza è che nel frattempo non si dovrà parlare ancora di tragedie annunciate
Scarichi industriali abusivi, sversamenti illeciti di aziende agricole e acque reflue non depurate stanno inquinando da circa 40 anni il Sarno. Siamo stati lungo il corso di uno dei fiumi più inquinati d'Europa: 24 chilometri che sfociano nel golfo di Napoli, tra Torre Annunziata e Castellammare di Stabia. Tra miasmi, scarichi killer, lungaggini e rimpalli di responsabilità degli enti competenti, si attende il Grande Progetto Sarno: circa 400 i milioni di euro stanziati per il disinquinamento del fiume e la sua sicurezza idraulica. Ma il ginepraio in cui si finisce nel risolvere le questioni del fiume campano tiene ancora troppo lontana l’era in cui si potrà assistere a una sua rinascita