Daniel Roseberry riscrive la storia dell'alta moda per Schiaparelli
Ci voleva un texano di neanche 40 anni per far rivivere sulle passerelle si Parigi una cosa che gli addetti ai lavori dell'eleganza chiamano “l'esprit Schiap”, ovvero lo spirito ribelle e surreale di Elsa Schiaparelli nel più profondo rispetto dei polizieschi canoni sartoriali dell'alta moda francese. È successo in una sala buia che più buia non si può nei sotterranei dell'hotel particulier Salomon de Rotschild nel IX arrondissement. “Volevo esplorare la bellezza senza tempo di certe lavorazioni” ha detto il designer subito dopo lo show applaudito tra l'altro da una statua vivente come Roberto Bolle e da due tenniste di classe come Maria Sharapova e Venus Williams.Ecco quindi gli straordinari volant a dischi, le spalle gigantesche interamente ricoperte di piume d'oro o d'argento, i corsetti da cui letteralmente sbocciano gonne lussureggianti e strascichi senza fine. Per una volta mancano gli abiti belli e impossibili di cui Roseberry è l'indiscusso maestro: da quelli fatti con teste di tigri e leoni perfettamente riprodotte in 3 D e a grandezza naturale sul modello, alla tuta da mamma aliena con piccolo robot di cristallo e vecchi microchip in braccio della scorsa stagione.Abbondano invece le strepitose costruzioni sartoriali di cui la grande Schiap era maestra con buona pace di Coco Chanel che la definiva con tono sprezzante “L'italienne”. Lei se ne infischiava e rispondeva che non ci si può fidare di una donna che entra al Ritz dalla porta di servizio. Ma tra le due eterne rivali aveva perfettamente ragione Salvador Dalì che diceva: “Nessuno sa come si dice Schiaparelli, ma tutti sanno cosa significa”. Oggi significa abiti fatti perfettamente con accessori sublimi e il giusto pizzico di follia che ci vuole nel marchio che ha lanciato e sostenuto il surrealismo.