Roma, arriva la multa per i manifesti in città contro l'utero in affitto

Tanto è costata alle associazioni Pro Vita e Generazione Famiglia l'affissione nella Capitale di cartelloni di protesta contro la pratica della maternità surrogata. Che in Italia è illegale

Roma, arriva la multa per i manifesti in città contro l'utero in affitto

20mila euro di multa e l’oscuramento dei manifesti. Sono queste le sanzioni comminate dal Comune di Roma alle associazioni Pro Vita e Generazione Famiglia per l’affissione dei discussi cartelloni di protesta contro la pratica dell'utero in affitto, che facevano parte di una campagna che ha coinvolto anche le città di Milano, Napoli e Torino.

L’intenzione delle associazioni era quella di contestare la prassi delle quattro amministrazioni di trascrivere le famiglie “arcobaleno”, legalizzando i figli di coppie omosessuali generati all’estero con la pratica della maternità surrogata, o utero in affitto, vietata in Italia.

I 50 cartelli sono stati sanzionati ciascuno per 400 euro. "II messaggio e l’immagine veicolati dal cartellone violano le prescrizioni previste dal regolamento in materia di pubbliche affissioni, che vieta espressamente esposizioni pubblicitarie dal contenuto lesivo del rispetto di diritti e libertà individuali - ha detto la Raggi - La strumentalizzazione di un bambino e di una coppia omosessuale nell’immagine offendono tutti i cittadini"

Immediata la reazione dei rappresentanti delle associazioni colpite, Toni Brandi di Pro Vita e Jacopo Coghe di Generazione Famiglia: “Con la solita scusa della strumentalizzazione dei bambini, la nuova tiranna del politicamente corretto, Virginia Raggi, ha calato la sua scure contro la libertà di espressione. Con il Comune di Roma a 5 stelle si torna a governare col terrore. Noi chiediamo liberi manifesti in libero Comune”.

Secondo gli ideatori della campagna, la misura sarebbe stata “imposta” alla prima cittadina dal presidente del “Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli” che “ha dichiarato di aver fatto quello che sa fare meglio, ossia dare fastidio alla politica, tartassandola e riuscendo a parlare con

l’ufficio della sindaca, ottenendo dopo sole 24 ore di pressing il comunicato in cui lei si impegnava alla rimozione. Chiediamo che Raggi faccia il sindaco di tutti e che non si metta a fare il despota della lobby Lgbt“.

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