A 6 anni rifiuta di diventare kamikaze

Juma Gal ha solo sei anni ed è uno dei tanti bambini afghani, che con il fratellino Dad sopravvive negli sperduti e poveri villaggi rurali. I talebani, o i loro cugini di Al Qaida, volevano trasformarlo nel più piccolo kamikaze della travagliata storia dell’Afghanistan. Gli hanno fatto indossare un corpetto esplosivo, della sua misura di bambino, dicendogli che era una specie di gioco. Dopo averlo imbottito di esplosivo gli hanno intimato di incamminarsi verso la prima pattuglia americana e di premere il bottone dell’innesco, perché «sarebbero usciti dei fiori». Juma è un bimbo intelligente e ha capito subito che qualcosa non andava. «Quando ha visto dei soldati afghani ha chiesto perché gli avevano chiesto di indossare quello strano vestito» ha spiegato il capitano Michael P. Cormier del contingente Isaf in Afghanistan. Gli afghani sono rimasti atterriti e hanno subito disinnescato l’ordigno. Juma, capelli a spazzola e occhioni neri, ha raccontato tutto ricevendo in cambio una lattina di aranciata fresca.
L’incredibile tentativo di trasformare un bambino di sei anni in kamikaze inconsapevole è avvenuto qualche settimana fa nella provincia orientale di Ghazni. I talebani hanno smentito, ma in un loro video di aspiranti kamikaze si vede bene un ragazzino di 12 anni. «Questo genere di atti sono da veri musulmani?» si è chiesto provocatoriamente il capitano Cormier, che ha adottato il piccolo Juma come mascotte.
I talebani vogliono terrorizzare Ghazni dove è stata sperimentata un’operazione delle forze di sicurezza afghane in 86 villaggi. Non si è trattato della solita caccia ai talebani, ma di un’operazione di aiuto alla popolazione con squadre sanitarie che hanno garantito a 1800 persone un’assistenza medica. Invece a metà giugno degli uomini armati a bordo di motociclette hanno sparato indiscriminatamente ad un gruppo di ragazze che uscivano da scuola uccidendone due e ferendone altre sei. L’assurdo attacco è avvenuto nella provincia di Logar, abitata dai conservatori pasthun, a sud di Kabul. Il ministro dell’Educazione, Hanif Atmar, ha accusato «i nemici dell’Afghanistan», ovvero gli estremisti talebani che vedono come il fumo negli occhi il ritorno del gentil sesso a scuola e al lavoro. Nel sud del paese, infestato dalla guerriglia, si calcola che 200mila bambine e ragazze non possono andare a scuola.
Le notizie dei talebani che utilizzano i civili come scudi umani, fanno meno notizia delle perdite fra la popolazione causate dalla Nato. Il problema comunque esiste e ha fatto infuriare il presidente afghano Hamid Karzai, che accusa i soldati stranieri, a cominciare dagli americani, di avere la mano troppo pesante nei bombardamenti. Secondo un gruppo di organizzazioni umanitarie sono 230 le vittime civili causate dalla Nato in Afghanistan dall’inizio dell’anno, compresi una sessantina di donne e bambini.
Il 3 luglio il ministro della Difesa Arturo Parisi ed il presidente del Consiglio Romano Prodi solleveranno la questione con il segretario generale della Nato, a Roma per partecipare alla conferenza sullo stato del diritto in Afghanistan.

Jaap de Hoop Scheffer ha già chiarito, che si sta intervenendo sulle procedure per ridurre al massimo le perdite innocenti. Però ha ribadito che «non possiamo essere messi nella stessa categoria morale dei talebani, che stanno usando deliberatamente i civili come scudi umani e sono autori di atrocità di ogni genere».
Fausto Biloslavo

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