Addio ai diritti. Il nuovo medioevo delle donne turche

Non solo il velo, la sharia è legge e la libertà femminile un ricordo grazie a Erdogan che sostiene: «L'uguaglianza di genere è contro la natura umana»

Addio ai diritti. Il nuovo medioevo delle donne turche

Istanbul, proiettili di gomma e decine lacrimogeni sparati dalla polizia: scene dall'ultimo corteo per l'8 marzo, ma registrate con ritardo dalla cronaca. Un'occasione come un'altra per protestare contro l'esponenziale aumento di quella che ormai è la «tradizione» delle donne turche assassinate.

La Turchia è un Paese paradossale visto e considerato che le nonne delle donne che ora cercano diritti elementari, godevano di maggiori libertà. Le attuali proteste non sono, infatti, catalogabili nel grande insieme del femminismo postmoderno, ma solo sterili tentativi di ottenere il diritto alla sopravvivenza.

Il codice civile secolare del 1926, introdotto come parte delle riforme di Kemal Atatürk, conferiva alle donne turche diritti civili uguali a quelli degli uomini e la legge non riconosceva la validità di matrimoni religiosi e poligami. Nel 1935, per la prima volta, alle donne turche fu permesso di votare alle elezioni nazionali: di conseguenza, diciotto donne candidate furono elette in parlamento.

Da allora, la normalità è scivolata sul piano inclinato dell'islamizzazione. Secondo la We Will End Femicide Platform quasi 2.000 donne turche sono state uccise da febbraio 2015, e quasi sempre da mariti, ex mariti o fidanzati. I numeri continuano a crescere se si considera, poi, anche il fatto che comunque non sono dati resi disponibili dalle istituzioni.

Erdogan ha rimodellato la Turchia sui codici culturali islamisti e, tra le tante libertà sacrificate, sono le donne a pagare il prezzo più alto della forzata islamizzazione.

Il velo, che in Occidente è ormai il sintomo di un «progresso eccitante», è stata una delle prime impostazioni islamiste reintrodotte dal «sultano». La sharia è sempre più parte integrante dell'impostazione di governo ed è la legge islamica, nota per la sua severità, a dare agli uomini il diritto, l'autorità di picchiare il gentil sesso. Nell'immaginario islamico la donna è paragonata al cane o all'asino; è in sé motivo di disturbo per gli uomini, li distrae dalla preghiera, per esempio; occorrono almeno due donne per una testimonianza in tribunale che possa avere la stessa valenza di quella di un solo uomo - una da sola non basta; e una donna che disobbedisce va punita e percossa.

Mentre sono tanti i versetti del Corano, come il 4:24, che incoraggiano e giustificano l'asservimento sessuale delle donne non musulmane nel contesto della jihad, recentemente, il governo inglese è stato costretto a redigere un rapporto per esaminare l'applicazione della legge della sharia in Inghilterra e Galles. Come primo dato ha rivelato «la discriminazione sistematica contro le donne». Ecco, dunque, il comun minimo denominatore nelle società dove la sharia s'insinua.

Ed ecco, allora, la Turchia moderna voluta da Erdogan su quali basi ha deciso di edificare il domani. Un Paese che nel 2009 vede Hüseyin Üzmez, editorialista del più feroce quotidiano islamico pro-Erdoan, condannato per aver fatto sesso con una 14enne. E che, dopo il rilascio immediato, è costretto ad assistere alla difesa pubblica di Üzmez per ascoltarlo citare le regole islamiche che prevedono l'età legale per il matrimonio sotto i 16 anni.

Nel 2014 Erdogan ha affermato che «l'uguaglianza di genere (intesa come parità dei diritti elementari) è contro la natura umana», mentre il suo vice primo ministro, Bülent Arnc (ora membro del comitato consultivo presidenziale di Erdogan), ha dichiarato che «le donne non dovrebbero ridere in pubblico». In un altro discorso Erdogan ha criticato le donne che hanno scelto di lavorare per avere figli come «mezze persone». E più di recente il sultano ha chiesto al Consiglio turco di istruzione superiore di adottare le misure necessarie per avviare la separazione dei sessi nelle università.

«Sposa il tuo stupratore», è stato battezzato così, il disegno di legge presentato a fine gennaio al parlamento turco. La legge che vorrebbe consentire agli uomini accusati di rapporti sessuali con ragazze di età inferiore ai 18 anni di avere l'impunità se sposano le loro vittime.

Un disegno di legge che non solo legittima il matrimonio minorile e lo stupro legale, ma che apre anche la strada all'abuso e allo sfruttamento sessuale dei minori. Qualcosa di simile era già stato proposto e poi bloccato nel 2016 grazie alle proteste di alcune associazioni.

Un altro tentativo, dunque, di presentare una legge volta a concedere l'amnistia agli stupratori in uno strano sacrificio per le loro vittime. Anche le Nazioni Unite si sono viste costrette a sollevare preoccupazioni sul fatto che la legge avrebbe essenzialmente legalizzato lo stupro infantile e avrebbe lasciato le vittime in balia dei loro aguzzini. Per adesso è tutto fermo, ma parliamo sempre di Turchia.

Quel paese dove la Diyanet - la Direzione degli Affari Religiosi - può affermare che le bambine di nove anni possono sposarsi. È l'ente statale che amministra le istituzioni religiose e l'istruzione a sottolineare appena può che la legge islamica vuole la soglia dell'adolescenza per i ragazzi a dodici anni e per le bambine a nove anni. E soprattutto che è sufficiente quella soglia d'età per avere il diritto di sposarsi. Motivo per cui la piaga dei matrimoni infantili tarda a rimarginarsi in Turchia.

A Istanbul l'ultima inchiesta sui matrimoni con minorenni è nata dai centinaia di parti di ragazzine che l'amministrazione ospedaliera aveva voluto nascondere, sebbene siano obbligati a farlo dalla legge, quando ad essere incinta è una minorenne. E quando un'assistente sociale ha denunciato lo scandalo, è stata lei stessa oggetto di un'inchiesta ed è stata costretta a cambiare due volte posto di lavoro.

Mentre la Turchia ha uno dei più alti tassi di matrimonio infantile in Europa, con circa il 15 per cento delle ragazze sposate prima dei 18 anni, l'Ordine degli avvocati di Diyarbakir ha denunciato negli ultimi 10 anni un aumento del 700% di abusi sessuali sui minori.

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