Addio a Chahine regista cristiano dell’Egitto libero

Il regista Youssef Chahine è morto ieri a 82 anni. Al suo Chaos, che chiuse la Mostra di Venezia l’anno scorso, la stampa prestò meno attenzione di quella poi data alla conversione di un altro egiziano: Magdi Allam. In effetti Chahine non poteva convertirsi, perché cristiano era di nascita, avvenuta ad Alessandria d’Egitto nel 1926 (il padre era un avvocato siriano). Coerente e dignitoso, studiò cinema negli Stati Uniti, senza dimenticarsi di essere un arabo, come del resto il saggista palestinese d’America, Edward Said, che poi apparve nel suo film L’altro (1999). Chahine non si lasciò dunque lusingare dal collaborazionismo occidentalista. Nazionalista arabo, era quindi sempre stato nemico dell’integralismo islamico.
Dei cinquanta film di Chahine, i più noti sono Alessandria... Perché? (Orso d'argento al Festival di Berlino, 1978) e Il destino (premio della cinquantesima edizione al Festival di Cannes 1997). Quest’ultimo evoca Averroè, quindi la cultura araba medievale, che aveva salvato da un altro integralismo, quello cattolico, i resti della cultura greco-romana. Delegato generale del Festival di Cannes, Thierry Frémaux commenta così per Il Giornale la scomparsa di Chahine: «Abbiamo perso un gigante. Successo e valore della sua opera provano che il cinema è universale». Ed è stato a Cannes che Chahine aveva avuto maggiori partecipazioni. Fin dal 1956, quando proprio la Francia, al seguito di britannici e israeliani, tentava di invadere l’Egitto, perché diplomazia delle cannoniere e diplomazia dei festival non coincidono sempre. Appassionato di cultura francese, Chahine aveva saputo stare al gioco. E poi lui, che non aveva servili code di paglia, poteva così firmare - in un altro momento di crisi internazionale - uno degli episodi più riusciti di 11 settembre 2001, presentato alla Mostra di Venezia del 2002.
In Chaos - ambientato nel Cairo della trentennale dittatura di Mubarak - c'era uno sguardo libero sulla società egiziana tale che, in confronto, Gomorra di Garrone pare compiacente con la società italiana.

Già il titolo condensava il giudizio sulla sua patria, dove ormai vige il tutti contro tutti. Nessuna speranza? Una, nel ricordo. Nella casa della matura signora perbene - che rispecchia forse un amore del regista o ne è solo l'alter ego - una foto: di Nasser, non di Mubarak.

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