Addio comizi, i politici accendono la radio

Paolo Brusorio

da Milano

Mezza Italia ha pensato a un’imitazione. L’altra alle onde medie impazzite. E invece era tutto vero. Vero Fiorello. E vero anche Berlusconi. Da allora, dal giorno in cui il premier ha impennato gli ascolti di Viva Radiodue, quella che era una novità è diventata una tendenza. È bastato un mese per stabilire chi ha già vinto la campagna elettorale a campo aperto, senza regole di par condicio e minuti distillati con la clessidra: la radio.
È questo il nuovo ovest. Stracolmi gli spazi televisivi, superflui quelli sul web, la politica ha fatto una bella giravolta e ha guardato indietro riscoprendo, tardi rispetto al Paese, un mezzo immaturamente ritenuto sorpassato. Prendete Berlusconi: con Fiorello mette in piedi un two men show; su Isoradio fa gara con il vento forte tra San Vittore e Caianello; a Radio24 si fa largo tra i titoli di Borsa; a Radio Anch’io si accomoda come a Porta a porta; su Rtl lancia La vie en rose. Poi si parla anche di politica, certo.
E Prodi? Gli alleati gli chiedono di non cadere nella trappola del nemico, «caro Romano, non hai il ritmo del premier, scegli altre strade». E invece proprio per una questione di passo, il leader dell’Unione decide di stare al gioco. Interviene a Radio DeeJay nella trasmissione più seguita del mattino per sciogliere i dubbi sulla sua maratona, parla con Linus, scherza e lancia un paio di missili. Uno si abbatte su Roma e vallo spiegare a Veltroni.
Poi anche lui gioca al telefono con Fiorello. Paga pegno cantando «Roma Capoccia», lancia «dieci, cento, mille sfide a Berlusconi»: sembra che scherzi, ma Fiorello è un megafono irresistibile, anche il Transatlantico è costretto al gancio. Reazioni, mal di pancia, note di partito.
Insomma, la tv vacilla. E se Radio Anch’io è il serioso salotto di Radio Uno dove c’è una ambita poltrona per tutti, ieri mattina si è seduto Casini e oggi ci andrà Fassino, le altre ospitate fino a ieri fuori schemi, da oggi ne dettano di nuovi. «In radio la ricerca dell’immagine è meno affannosa, si gioca di più, l’atmosfera è più rilassata. La radio è l’aristocrazia della comunicazione»: Gianluca Nicoletti, già conduttore di Chiamate Roma 3131, poi ideatore e «guidatore» di Golem (sponda Rai), ora diventato Melog su Radio24. «La radio stuzzica le velleità dei politici: Prodi ha cantato da Fiorello, ma non alle Iene dove avrebbe dovuto tener conto del suo capoccione. E così Berlusconi: perfezionista del video, ai microfoni può lasciarsi andare. Nello stesso giorno ha parlato a Uno Mattina e a Isoradio, ma a far scalpore è stato l’intervento radiofonico, non la comparsata da Giurato». Nicoletti parla di profanazione del tempio, di passaggio eroico e ricorda le sue tribune elettorali al tempo di 3131: «Odore di naftalina e dopobarba, puntate grigie come i doppiopetti dei candidati. La grande epifania era l’arrivo di Andreotti nei sotterranei di via Asiago, dove la Rai aveva gli studi».
Preistoria. Che ha un inizio: 22 aprile 1946, prima tribuna elettorale radiofonica, ogni giorno dalle 13,10 alle 13,30 e poi dalle 20,30 alle 21. In onda il dibattito sull’elezione della Costituente e sul referendum istituzionale. Allora al centro dell’attenzione per mancanza della concorrenza, oggi la radio ha rialzato il volume: «È ascoltata dalla parte più vispa degli italiani. E intercetta giovani e professionisti che la tv ormai ha perso di vista». Sentenza di Renzo Arbore, gran visir della radio: «Forse c’è un po’ di rigetto delle facce. La lotta politica è il nuovo telequiz, la gente non ne può più di vedere e preferisce ascoltare».

Ma oggi, un Alto Gradimento con i politici? «Noi non li abbiamo mai invitati. Semmai, estrapolavamo le loro voci e ci giocavamo. Ricordo un fantastico duetto tra Fanfani e Peppino Di Capri...». O forse era Scarpantibus?

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