Addio a Samaranch Signore delle Olimpiadi

L'ex presidente del Comitato olimpico internazionale (che ha guidato dal 1980 al 2001) si è spento a Barcellona all'età di 89 anni

Addio a Samaranch 
Signore delle Olimpiadi

Barcellona - L’ex presidente del Cio, Juan Antonio Samaranch, è morto oggi a Barcellona nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale Quiron dove era stato ricoverato per "un'acuta insufficienza coronarica". Lo hanno riferito fonti ospedaliere. 

Un passato da falangista Il suo oscuro passato con la camicia azzurra da falangista se l’è portato addosso per tutta la vita, fino alla tomba. Ma da quel suo torbido passato a fianco dell’ex dittatore spagnolo Francisco Franco è riuscito comunque a uscire, da quell’abile tessitore di trame politiche che è sempre stato. Con la morte di Juan Antonio Samaranch finisce probabilmente un’epoca. La sua lunga stagione da "Signore degli anelli" è durata 21 anni.

Sport e business
Con lui il Cio è è diventata una macchina da soldi mostruosa rappresentando più Paesi addirittura dell’Onu (205 contro i 192 del Palazzo di Vetro). Un pregio da un lato che ha fatto arricchire molti, trascinando il movimento olimpico nel lusso e talvolta nello sfarzo. Fino ad arrivare a eccessi tutt’altro che imprevedibili come lo scandalo di Salt Lake City. Tra il 1998 e il 1999 si scoprì che alcuni membri avevano ricevuto in regalo tangenti e prestazioni sessuali da parte del comitato organizzatore dei Giochi invernali. Il Cio espulse i membri corrotti, Samaranch reagì scusandosi di fronte al mondo, ma anche riformando il sistema di scelta delle città: non più il Cio a decidere, ma una commissione elettiva, composta da otto membri eletti dal congresso. E anche allora salvò la sua poltrona fino alla scadenza nel 2001, quando gli subentrò Jacques Rogge.

Una dinastia di successo Ma nelle segrete stanze del potere sportivo la dinastia dei Samaranch è rimasta: suo figlio è diventato membro e tra l’altro si chiama come suo padre, che fino all’ultimo è rimasto nella ’famiglià come presidente onorario. Il sigillo di Juan Antonio Samaranch sul Cio rimarrà probabilmente incancellabile. Basti dire soltanto che i suoi 21 anni di presidenza sono il periodo più lungo della storia dopo Pierre de Coubertin. E forse non è un caso che il padre dei Giochi dell’era moderna fosse un barone, mentre Samaranch era marchese. Nato il 17 luglio 1920 da una famiglia di industriali tessili. Sposato con Maria Teresa Salisachs-Rowe, due figli: Maria Teresa e Juan Antonio, che è sposato con una romana.

Gioventù da sportivo In gioventù praticò hockey a rotelle, pugilato, calcio, vela, sci, golf ed equitazione. Aveva l’hobby dell’arte e della filatelia ed era un maniaco del computer. Da vero poliglotta parlava spagnolo, francese, inglese, oltre al catalano, ma si esprimeva anche in russo, tedesco, italiano. Ha fatto il professore d’economia, l’industriale, il consigliere di istituti di credito. La sua passione politica lo fece infiammare da giovane per Franco capeggiando cortei fascisti a Barcellona. Fedelissimo, amico e ministro del dittatore alla cui morte si inventò una nuova carriera. Ma nei suoi 21 da presidente fu grande amico dell’Italia e del Coni. Nel 1980, quando fu eletto presidente, il Cio stava attraversando uno dei suoi momenti più difficili della storia tra fratture e boicottaggi. L’allora presidente irlandese lord Killanin definì la cerimonia di apertura dei Giochi di Mosca "la più imbarazzante della storia", a causa del boicottaggio americano dopo l’invasione sovietica dell’Afghanistan (ma alla fine furono 57 Paesi che boicottarono quelle Olimpiadi: oltre agli Usa c’erano anche Cina, Giappone e Germania Ovest).

L'ultima battaglia Da allora iniziò un lento lavoro diplomatico: il suo capolavoro politico avvenne nel ’92 ai Giochi della sua Barcellona. Prima di allora lo sport a cinque cerchi poteva essere soltanto un evento ristretto allo sport dilettantistico. In quell’occasione si decise la fine della Regola 26 della carta olimpica e l’abolizione dello status di dilettante. Simbolicamente la svolta fu l’arrivo ai Giochi del Dream Team americano di basket composto dalle stelle della Nba guidato da Michael Jordan. L’altra guerra che iniziò fu quella al doping, dopo il clamore del caso Ben Johnson a Seul.

E forse è stata l’unica che non ha avuto il tempo di vincere. L’ultima battaglia l’anno scorso quella di riportare i Giochi in Spagna nel 2016, ma questa volta il Cio ha voltato le spalle al vecchio presidente scegliendo Rio de Janeiro.

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