L'ultima tecnologia è conosciuta come Mum, che può stare per mamma in inglese, o, in gergo tecnico, multitask unified model, modello unificato a esecuzione contemporanea. Anticipata da Google alla fine della primavera scorsa, Mum è la più recente applicazione delle tecniche di intelligenza artificiale al mondo dei motori di ricerca, uno tra i tanti sviluppi che, senza che gli utilizzatori se ne accorgessero, hanno cambiato il modo in cui andiamo a caccia di informazioni in Rete. «Agli inizi i motori di ricerca tipo Google erano un po' come gli schedari di una biblioteca. Adesso assomigliano di più al bibliotecario stesso, che cerca di capire le tue esigenze e risponde direttamente e puntualmente alle tue richieste». Filippo Jatta, 38 anni, per mestiere si occupa di «Seo», «Search engine optimization»: consiglia come costruire la propria attività sulla Rete in modo che abbia la massima visibilità, risultando ai primi posti nelle ricerche online. Barese, laureato in Bocconi, ha deciso di fare il freelance e per gran parte dell'anno lavora dalle spiagge di Phuket, in Thailandia.
«Un tempo per i siti il segreto erano le cosiddette parole chiave. Il motore di ricerca individuava queste parole e valutava se il sito era popolare sulla rete, misurando i link ad altri indirizzi Internet. Ogni link equivaleva a un voto. Chi vinceva la gara di popolarità finiva ai primi posti delle ricerche online. Per salire in classifica chi faceva il mio lavoro usava una serie di trucchi: di base la ripetizione delle parole chiave e la creazione di una serie di link a siti di basso livello. Poi però Google e compagni si sono fatti furbi, hanno reso più sofisticati i loro algoritmi e un po' alla volta è cambiato tutto».
Un passo fondamentale è stata la creazione del cosiddetto «Knowledge Graph», grafo della conoscenza. «Google ha smesso di ragionare in termini di parole chiave e ha cominciato a pensare in termini di entità», spiega Jatta. «Se io cerco il nome Leonardo Da Vinci, lui sa che non è solo una parola, ma, appunto, un'entità che è in collegamento con altre entità, per esempio La Gioconda, o l'Uomo vitruviano e così via, e organizza tutte queste conoscenze in una sorta di mappa mentale. Dal punto di vista pratico ha anche imparato a presentare queste informazioni in riquadri di informazione che sono conosciuti come Knowledge Panel o Knowledge Card e che offrono all'utilizzatore un primo sguardo immediato su quello che lo interessa».
Ma le capacità del motore di ricerca non si fermano qui. «Attraverso lo studio dei comportamenti dei navigatori in Rete, Google è in grado di valutare la qualità dei siti. Se io vengo indirizzato su una pagina ma torno subito indietro e ripeto la ricerca, bisogna presumere che io non abbia trovato quello che cercavo. Al contrario se mi soffermo a lungo vuol dire che l'obiettivo è stato centrato». Miglioramenti e affinamenti sono resi possibili dall'utilizzo di algoritmi sempre più intelligenti introdotti via via nel tempo: tra gli altri Hummingbird (colibrì), Rankbrain, Bert. Il primo ha reso più facile decifrare le richieste complesse e con tante parole. Il secondo (del 2015) segna il primo ingresso in grande stile dell'intelligenza artificiale nel settore: di fronte a una richiesta mai ricevuta prima Google passa in rassegna i sinonimi e procede ad associazioni tematiche che gli consentono di offrire la risposta migliore. Bert invece fa capire le sfumature di una domanda ponendo ogni singolo termine nel contesto giusto.
«Se io chiedo la strada per andare da Milano a Monza- chiarisce Jatta- Bert mi fa capire il significato contestuale delle due preposizioni da e a, in modo da non farmi fare il viaggio al contrario partendo da Monza per andare a Milano».Un altro passo importante è l'abbattimento di ogni confine linguistico: «Se l'informazione considerata migliore è un su un sito slovacco, Google è in grado di trovarla e tradurmela all'istante».
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