Roma - «Stile», leghisti ma con stile. È, in effetti, anche una questione di stile, di linguaggio e di forma, che segnala un cambiamento antropologicopartitico. Il passaggio dal leghismo urlato e spernacchiato (anche ai massimi livelli...) al federalismo in doppiopetto incarnato dal più stiloso e misurato ( e perciò sospettato di trame segrete e intelligenza col nemico) dei colonnelli bossiani, Bobo Maroni. È a lui che guarda la Lega come ad un plausibile dopo-Bossi, una successione che non è ancora iniziata nei fatti,ma nell’estetica di partito sì. «Zingaropoli» non piace a Maroni, eppure è il termine stampato dalla (sua) Lega sui manifesti del tentato rush contro Pisapia. «Sono termini da non adoperare. E che io non uso perché il mio stile è diverso». Dalla canotta di Bossi, al bermunda arancio su camicia mezze maniche verde di Calderoli,all’abito blu (con occhiale rosso glamour) di Bobo, il leghista con stile. C’è un’ala intera del Carroccio che già indossa il doppio petto maroniano, preparandosi al passaggio di consegne che tuttavia potrà avvenire, come d’obbligo in un «partito leninista» (definizione di Maroni), solo quando sarà il capo a deciderlo. Ne sposano lo stile padanobritish personaggi molto influenti della Lega, ma tutti un passo dietro (volutamente) dalla ribalta televisiva. Il varesino (col cuore a Southampton) Giancarlo Giorgetti, confidente di Bossi e grande alleato di Bobo all’interno del Carroccio, anche lui un leghista di seconda generazione ( bocconiano, regista delle mosse leghiste sulle fondazioni bancarie) e uno stile molto diverso da «zingaropoli». L’altro bocconiano- maroniano, Massimo Garavaglia, numero uno leghista in commissione Bilancio al Senato, vicino anche a Tremonti, stile pragmatico a cui si addice poco, come per Bobo, la propaganda urlata modello Lega da ortomercato. Come lo è per Attilio Fontana, avvocato di Varese e sindaco al secondo mandato, un asse di ferro con Maroni e una comunanza di stile politico (che lo ha portato spesso in collisione anche col governo, sui tagli lineari e sul federalismo, e con il Pdl). In quest’area va inquadrato anche un leghista che, per quanto refrattario alle cravatte, indossa il doppio petto politico di Maroni. Flavio Tosi ha anche provocato scontri duri dentro la Lega per posizioni considerate non abbastanza «leghiste», come l’attenzione (da sindaco) ai festeggiamenti per i 150anni dell’Unità o l’inno d’Italia. Nuances che anche Maroni, per quanto padano doc (le comunicazioni al partito le chiude sempre con un «Padania libera») sottoscriverebbe nello stil nuovo leghista. In quest’evoluzione ha pesato il ruolo rivestito da Bobo, a capo del Viminale. La carica lo ha proiettato nel cuore delle istituzioni, ha richiesto un modus operandi che ha finito col segnare un nuovo parametro di leadership dentro la Lega. Lo «stile» che rifugge dagli eccessi polemici allontana i maroniani dalla Lega più becera, ma anche dal berlusconismo più hard. E perciò non sorprende che tra le anime della Lega, quella in doppiopetto si collochi tra i berlusco-scettici, fautori di un passo indietro del Cavaliere (Maroni in primis ...). Nella fodera della giacca ci sono anche le ambizioni, e nell’orizzonte di Bobo - e dell’ala che lo supporta - c’è sicuramente Palazzo Chigi. Da risolvere è il rapporto con Bossi, che usa pernacchie e dito medio molto più di quanto non prescriva il codice estetico del nuovo leghismo in abito scuro. Ma nessuno della Lega si sognerebbe mai di mettersi contro il capo. Pertanto si aspetta, con stile. Però la nuova razza padana sta serrando i ranghi. Tutto dipenderà dall’evoluzione dell’asse Bossi- Berlusconi, se si libereranno spazi i talenti leghisti per riempirli non mancano. Sono pronti altri quarantenni della nouvelle vague leghista, come Giacomo Stucchi, Raffaele Volpi, Jonny Crosio, Fabio Rizzi, Gianluca Pini, Manes Bernardini e altri emergenti, molti di loro non a caso «maroniani ».
In attesa di qualche assestamento dentro il Carroccio, in superficie tranquillo ma in profondità agitato da potenti correnti. Difficile però che avvenga con un coup de theatre dei leghisti in doppiopetto. Forse nemmeno questo si addice troppo al famoso «stile».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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