Visto che di qui all’anno prossimo bisogna che i partiti facciano qualcosa, a parte il mugugno alternato sul governo Monti, forse la scelta migliore è quella di una nuova legge elettorale. Non è così difficile e nemmeno così noioso come sembra, posto che non si mettano di mezzo i legulei di complemento che offuscano ogni possibile scelta politica nel gusto vano del dettaglio. I due partiti maggiori, Pdl e Pd, corrispondono più o meno alle due maggiori tendenze che si affermano storicamente in tutta Europa, quella socialista-progressista e quella liberal- conservatrice. Devono intantoprendere atto di due elementi essenziali che caratterizzano il presente politico dell’Italia.
Primo. Il sistema di governo inaugurato nel 1994, dopo la crisi della Repubblica dei partiti fondata sulla rappresentanza proporzionale degli elettori (si vota, e solo poi in Parlamento si decidono i governi in base a coalizioni di maggioranza), ha fatto fallimento. Non ha funzionato qualcosa di decisivo sia nella versione sostenuta dalla legge elettorale maggioritaria a turno unico e uninominale ( il Mattarellum) sia in quella prevalsa nelle due ultime elezioni politiche del 2006 e del 2008, svoltesi con una legge a lista bloccata, candidati scelti dai partiti ed eletti in ordine di lista, e premio maggioritario per la coalizione apparentata uscita vincente (il Porcellum).
Secondo. Il governo Monti fa, inutile e illusorio negarlo, quel che deve fare un governo tecnocratico sotto le spoglie di una apparente neutralità politica, attua cioè un programma d’emergenza e d’impegno nazionale che in sostanza sequestra per sé i temi decisivi del momento, l’economia e la dimensione europea della residua sovranità italiana. Il suo successo potenziale nell’orizzonte dell’anno elettorale che arriva, già praticamente cominciato, nasce da una sospensione del potere democratico degli elettori, da una messa in mora, o di lato, dei partiti, sia quello che vinse le ultime elezioni e non è riuscito a governare questa fase di crisi sia quello che le aveva perse e non è riuscito a proporsi come una alternativa alla guida dello Stato.
Conclusione razionale: o i partiti dimostrano che si vota in un nuovo sistema, con qualche garanzia in più che chi vince possa governare e chi perde esercitare un’opposizione responsabile e di alternativa, oppure siamo come si dice da capo a dodici. Insomma, si ricomincia più o meno come prima, magari con qualche attenuazione derivata dalla decisione di Berlusconi di non correre più in prima persona; oppure in un modo o nell’altro verrà prorogata una formula di dominio dell’ideologia e del personale tecnocratico sulle scelte, le libertà e i vincoli della politica. Vittorio Feltri mi sembra convinto che in fondo una soluzione possibile sia il ritorno al sistema di prima, con la proporzionale. Le vecchie alleanze di coalizione sono virtualmente azzerate, Casini Fini Bossi Vendola e Di Pietro e Grillo e il resto faranno storia a sé, e i due partiti possono restaurare il quadro precedente il 1994, magaricon uno sbarramento di semplificazione, come avviene per esempio in Germania e in Spagna.
Poi si vedrà. Penso che ormai non sia affatto assurdo o vano ragionare anche così, e seguo gli argomenti addotti con interesse, come tutti. Ma forse c’è ancora una possibilità per salvare il potere diretto degli elettori sulla formazione dei governi, e sui programmi di chi rivendica il loro consenso. È il doppio turno elettorale. Con il turno unico uninominale dovevi fare coalizione obbligata per vincere. Lo stesso con il premio di maggioranza su lista bloccata. Con il doppio turno no. La vocazione maggioritaria di ciascuno dei due maggiori partiti sarebbe premiata. Ci si fotografa una prima volta, ma poi si sceglie una compagine di maggioranza con il voto del ballottaggio. I cittadini votano il meglio o il meno peggio e così decidono chi li debba governare. Le leggi elettorali in sé non saranno gran cosa né si rivelano decisive.
Le ultime due avrebbero anche garantito maggioranze di governo se tutto non si fosse sfasciato senza gran costrutto, sia a destra sia a sinistra.Ma prima di tornare ai governi in balia della cabbala parlamentare pura, per evitare il trionfo finale della pedagogia tecnocratica sulla pratica democratica, forse potrebbe essere questa la soluzione.
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