Adesso si apre la caccia alle altre «prede»

Tra i primi candidati al risiko gli istituti con azionisti stranieri di rilievo

Angelo Allegri

da Milano

I più diretti sono gli analisti di Morgan Stanley. In un’analisi sul settore bancario diffusa ieri non si perdono in molti giri di parole: «L’ombrello protettivo di Banca d’Italia non c’è più». E dunque, concludono, per quanto riguarda fusioni e acquisizioni, tutto è possibile o quasi. Con una novità importante: fino ad ora si pensava che i soli candidati a un matrimonio con un concorrente internazionale fossero quelli che avevano già, per così dire, il nemico in casa: Capitalia, Banca Intesa e Sanpaolo, che hanno tra gli azionisti di rilievo un socio straniero di peso (rispettivamente Abn Amro, Crédit Agricole e Banco Santander). Ora, dice Morgan Stanley, Bnp Paribas dimostra che si può conquistare una banca italiana senza aver fatto una lunga anticamera come azionisti di minoranza. Certo qualche ostacolo rimane: la presenza di Fondazioni sopra il 30%, per esempio. O la struttura delle banche popolari con il voto capitario e i tetti al possesso azionario.
A mo’di esempio gli analisti della banca segnalano cinque istituti che potrebbero entrare in gioco e che sembrano avere le carte in regola per poter essere oggetto di acquisizioni (domestiche o internazionali): Capitalia, Carifirenze, Mediobanca, Credem e Banca Lombarda. Tutti e tre sono governati da patti di sindacato complessi e articolati: in Mediobanca imprenditori, banche e soci francesi «bloccano» il 54% del capitale. E anche se da qualche giorno proprio la presenza dei francesi appare meno rassicurante, sembra difficile che il santuario della finanza italiana possa essere oggetto di un possibile consolidamento. Tutta italiana è Credemholding, socia di controllo (al 72%) del Credito Emiliano. A sua volta Credemholding vede, però, la presenza preponderante della famiglia Maramotti, che dopo la scomparsa del pater familias Achille deve ancora chiarire le proprie intenzioni per il futuro. A controllare il 48% di Banca Lombarda sono ben 303 tra istituzioni e azionisti individuali, un ginepraio in cui è probabilmente difficile per un pretendente straniero orientarsi. In Carifirenze, infine, Bnp ha una quota del 6% che potrebbe essere ora destinata alla cessione e le discordie tra Fondazione e Sanpaolo potrebbero favorire nuovi arrivi. Quanto a Capitalia, anche Piazza Affari (ieri il titolo ha guadagnato il 7,2%) la considera possibile candidata a novità negli assetti di controllo. Gli olandesi di Abn, dopo la scalata ad Antonveneta, decideranno ufficialmente in autunno se uscire o no. Gli azionisti italiani presenti nel patto di sindacato sono molti, ma gli unici con le spalle forti sono Fonsai e Fininvest. E secondo alcuni analisti non è casuale la crescita dei due gruppi nella recente revisione dei pesi azionari dell’istituto di via Minghetti. A rafforzare la pattuglia degli attuali soci potrebbero intervenire poi soci al momento esterni al patto (insieme hanno circa il 12% del capitale): la banca d’affari Lehman, i libici di Lafico e la Fondazione cassa di Risparmio di Roma.
In tutti i casi la pressione di possibili (e più minacciosi) acquirenti internazionali dovrebbe mettere la ali ai piedi al processo di consolidamento tra gli operatori italiani. In prima fila secondo il giudizio comune del mercato è il Monte Paschi.

Rimasto scapolo dopo aver passato gli ultimi anni a corteggiare Bnl e poi a respingere le ipotesi di possibili aggregazioni, l’istituto deve trovare la sua vocazione e la recente misura che congela al 30% i voti della Fondazione di controllo rende ancora più urgente trovare una soluzione per il futuro.
Un capitolo a parte è poi quello delle Popolari: ieri Bpm e Bpvn hanno toccato nuovi massimi. L’oggetto del desiderio è rappresentato dalla ex Lodi. Ma in movimento sono anche Popolare Vicenza e Bper.

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