Adriano rischia il licenziamento

Il contratto prevede l’ipotesi ma la società vuole evitarlo. Domani di nuovo in tribuna.

Adriano rischia il licenziamento

Milano - Gilmar Rinaldi è rimasto con poche armi in mano per difendere palazzo e Imperatore: l’Inter gli ha mostrato alcuni esami medici che testimonierebbero inequivocabilmente lo stile di vita di Adriano e da questo scenario il club di via Durini ha inteso partire per intavolare ogni possibile ipotesi futura.
Il procuratore del brasiliano è a Milano per risolvere un caso non più sportivo ma drammaticamente umano, prima di recuperare il calciatore occorre rimettere in piedi l’uomo. Rinaldi aveva ricevuto le lamentele di Adriano: voglio essere trattato al pari degli altri. L’Inter gli ha risposto con parole di affetto da parte di presidente, allenatore e vice: per noi è come un fratello, ma è lui che deve aiutarsi. Alle richieste di ulteriori chiarimenti da parte di Rinaldi, i responsabili nerazzurri hanno fatto capire, senza minacciarlo, che esistono tutti gli estremi per un licenziamento del giocatore per inadempienza contrattuale con relativa rescissione unilaterale del contratto, ipotesi che nessuno intende percorrere nel modo più assoluto. Ma esistente: articolo 11, paragrafo 1, punto «e» dell’Accordo collettivo redatto fra federazione, lega e associazione calciatori. È un’eventualità che porterebbe a danni reciproci, ma che pesa su Adriano, sempre alla ricerca di una resurrezione, sempre disponibile a rilasciare interviste emotive che lasciano intendere il percorso tortuoso della sua vita. Ultimo segnale le dichiarazioni rilasciate da Emilson Sanchez Cribari, difensore brasiliano della Lazio prossimo avversario in campionato. Cribari si è detto preoccupato: «Se la gente attorno non gli starà vicino - ha detto il laziale -, Adriano rischia di fare una brutta fine».
I problemi di Adriano sono di dominio pubblico, gira la voce che si dica la metà della reale dimensione del suo problema, che l’Inter, e Mancini in particolare, riferiscano un decimo delle informazioni in possesso. Anche Moratti sembra rassegnato a perdere il brasiliano, a gennaio potrebbe finire in prestito, a giugno definitivamente con un’altra casacca, anche se l’ingaggio e le pretese di Adriano rendono complicata qualsiasi operazione. L’Inter non intende rinforzare avversarie dirette in campionato, l’ipotesi Lazio è percorribile se il club di Lotito dovesse superare la fase a gironi e giocarsi un ottavo di Champions, ma le percentuali di Adriano in maglia biancoceleste sono vicine allo zero. Ieri il presidente del Parma Ghirardi, dopo Berlusconi e Cobolli Gigli, ha parlato di fantacalcio: «Da solo guadagna quanto l’intero monte ingaggi della mia squadra». L’Inghilterra sembra una soluzione ma il West Ham non ha mai compiuto passi concreti dopo aver ventilato un’offerta da 20 milioni di euro e il Manchester City di Eriksson è solo un’idea già scartata in estate quando proprio l’amicizia fra Mancini e l’allenatore svedese aveva fatto cadere ogni ipotesi di trasferimento di Adriano in Premier league. Fuori dalla lista Champions, panchina e spesso tribuna in campionato, la parabola di Adriano è paurosamente in discesa: «Ha tutto, soldi, fama, gloria, eppure è depresso - ha commentato Abdon Pamich, olimpionico di marcia a Tokio e psicologo dello sport -. La gente comune non capisce, ma forse il motivo è proprio perché ha avuto troppo dalla vita e troppo presto. Dalla depressione si esce con i farmaci, è l’unica soluzione - spiega la medaglia d’oro dei 50 km di marcia -, la psicoanalisi è troppo rischiosa, specie per uno sportivo. Quando ci si mette a scavare nell’inconscio c’è il pericolo di fare danni seri, specie se si scava sulle motivazioni di un atleta».
Situazione delicatissima e probabile nuova tribuna per l’imperatore domenica.

Gilmar Rinaldi sa che il suo compito non si esaurisce con una firma sull’ingaggio, ha confermato che Adriano si è reso conto della situazione e ha promesso che assieme all’Inter troverà la strada migliore per uscire dal tunnel. Moratti spera sempre nel miracolo, Mancini ci crede un po’ meno.

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