Affittopoli Siae, perizia choc: a gestire gli immobili una nonnina di 70 anni

Lo scandalo della Società italiana autori ed editori a Roma. Tutte le ombre e i misteri dell'ente

Affittopoli Siae, perizia choc: a gestire gli immobili una nonnina di 70 anni

Criticità evidenti, anomalie paradossali, esempi solari di cattiva gestione. Quando la Siae a giugno scorso incarica i revisori della Ria&Partners di redigere una due diligence su come è amministrato il fondo pensioni dell’ente, non si aspetta un esito così nefasto. Il documento punta l’indice, tra l’altro, proprio sulla (cattiva) gestione del patrimonio immobiliare, acquistato in passato come garanzia per l’equilibrio del fondo integrativo, ossia quegli romani di cui abbiamo scritto ieri a proposito della tentata alienazione agli occupanti, prevedendo mutui quarantennali anche per inquilini ultraottantenni.

Tra i potenziali acquirenti, manco a dirlo, erano in lista tanti ex dirigenti dello stesso fondo pensioni Siae e diversi sindacalisti. E non a caso, tra le criticità messe in evidenza, c’è la mancanza di criteri per l’assegnazione in affitto delle case (che venivano date «discrezionalmente») i cui contratti, tra l’altro, erano custoditi da un’amministratrice di condominio senza essere depositati, nemmeno in copia, alla sede dell’Eur. Sull’Affittopoli Siae, la Ria&Partners non fa sconti, tant’è che il nuovo dg Gaetano Blandini è «costretto» a occuparsi personalmente della gestione del Fondo come direttore (prendendo il posto del ragionier Truffa Giachet, reggente dal 2001 all’anno scorso). Il primo rilievo dei revisori è sulla scelta degli affittuari (ex direttori, parenti, sindacalisti) oggetto di lettere anonime e esposti in procura da parte di dipendenti «senza tetto».

Nelle conclusioni, la R&P annota infatti che «non si capisce come venivano scelti gli affittuari, non venendo rispettati i termini cronologici di richiesta». Episodio esemplare, in questo senso, quello dell’assegnazione di un appartamento nello stabile più prestigioso di proprietà del Fondo, quello di via Flaminia Vecchia, assegnato nel 2007 a una certa signora Apolloni e finito al centro di un esposto in procura già nel 2008. La signora è la moglie dell’ex presidente del Fondo Siae, Irace, che infatti non firma l’assegnazione, e lascia siglare la delibera alla vicepresidente dell’epoca, Anna Avallone.

L’altro punto che la due diligence trova incredibile è l’assegnazione, dal ’99 al «nuovo corso» di Blandini, dell’amministrazione degli immobili a un consulente esterno. Una 70enne che diventa il dominus degli asset immobiliari del Fondo Siae: per una cifra superiore ai 50mila euro l’anno, la signora non ha solo fatto da amministratrice dei palazzi, ma era l’unica a detenere fisicamente i contratti di affitto e a stabilire gli stipendi di portieri e operai, stipendi che però pagava «mamma Siae». Come quello, incredibile, di 2.000 euro al mese a un operaio incaricato solo di «leggere» la caldaia dell’ambasciata del Canada, ospite di un immobile Siae.

La Ria&Partners, inoltre, sottolinea come in una dozzina di anni il Fondo non abbia mai controllato l’operato della donna, pur essendo questa attività prevista dalla consulenza. Ci hanno provato i revisori ma «il consulente esterno non si è reso disponibile», e non ha nemmeno risposto alla «richiesta di conferma dati» spedita dagli analisti di R&P. Che, nonostante la mancanza di collaborazione (la documentazione è stata consegnata solo a fine anno) hanno notato una mancanza nei bilanci 2010 di 155mila euro «rispetto alla stima effettuata sui ricavi per fitti attivi» nello stesso anno. L’elenco di follie gestionali è lungo.

Oltre a inquilini morosi («senza azioni in atto contro di essi»), comprende anche la mancanza di un albo dei fornitori a cui rivolgersi per i

lavori di manutenzione. Tanto che, annoterà successivamente R&P, una ditta di idraulica e una di opere edili «nel solo 1° trimestre 2011 hanno fatturato rispettivamente opere per 110mila e 170mila euro».
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