Meloni chiama Ursula: non ci sono più margini. Così è arrivato il "no" al bis di von der Leyen

Il colloquio: ognuno ha le sue ragioni politiche. La premier: isolamento? Lo dicevano pure sul Mes

Meloni chiama Ursula: non ci sono più margini. Così è arrivato il "no" al bis di von der Leyen

Si erano sentite nella serata di mercoledì e lo hanno rifatto ieri mattina. Quando dalla campagna inglese dell'Oxfordshire dove ha partecipato al quarto vertice della Comunità politica europea Giorgia Meloni ha anticipato a Ursula von der Leyen la scelta di Fratelli d'Italia di non sostenerla nell'imminente voto del Parlamento Ue per la sua riconferma a presidente della Commissione. Letto il discorso depositato all'Eurocamera di Strasburgo dalla spitzenkandidat dei Popolari, infatti, la premier italiana ha fugato anche gli ultimi dubbi. Troppe le aperture ai Verdi. In particolare sul green deal e sugli obiettivi di riduzione delle emissioni, contro cui FdI si batte da tempo. Capisco la necessità politica di puntellarsi a sinistra per non rischiare sorprese, ma è stato il ragionamento di Meloni a von der Leyen allo stesso modo tu comprenderai che per la stessa ragione politica non posso sostenerti. Un confronto, assicurano i big di Fratelli d'Italia che si sono occupati da vicino del dossier, assolutamente sereno. E che, riferiscono, non scalfisce di una virgola il rapporto che le due hanno costruito in questi due anni.

Anzi, la scelta quantomeno inusuale di Fdi di far sapere come aveva votato solo a scrutinio ormai concluso ed elezione acquisita sarebbe stata un modo per «aiutare» von der Leyen. Sfilarsi prima e pubblicamente, spiegano i vertici di Fratelli d'Italia, avrebbe infatti agitato l'area più a destra del Ppe, dove soprattutto tra francesi, sloveni e parte dei tedeschi la spitzenkandidat popolare non gode di grande stima. Insomma, avrebbe potuto rendere più complicata la strada verso il bis di von der Leyen aumentando la fronda dei franchi tiratori (che già così sono stati circa cinquanta). Meloni, infatti, pur non appoggiandola per una scelta di «coerenza» e «non condivisione di metodo e merito», ne ha comunque grande stima e non era dunque sua intenzione penalizzarla. Anzi, tra le file di Forza Italia c'è persino chi ipotizza che nel segreto dell'urna da qualcuno dei 24 europarlamentari di FdI possa anche esserle arrivato un qualche aiutino. Eventualità che non sembra escludere nemmeno una vecchia volpe democristiana come Pier Ferdinando Casini, secondo cui «molti di coloro che dicono di non aver votato von der Leyen lo hanno fatto» e «diversi di coloro che dovevano votarla non lo hanno fatto».

Al di là di retroscena comunque indimostrabili, di certo da Fratelli d'Italia non traspare alcun timore di ritorsioni e si respira un cauto ottimismo anche sulle deleghe che avrà il commissario italiano (che sia Raffaele Fitto pare ormai certo, tanto che l'Italia invece della doppietta uomo-donna chiesta a tutti i Paesi da von der Leyen dovrebbe indicare solo il suo nome). Poi è ovvio, spiegano da FdI, che Macron «userà» il nostro «no» per insistere su un ridimensionamento italiano, ma la decisione finale non spetta comunque a lui. E forse è anche per questo che ieri nella chat dei deputati di FdI Meloni si è raccomandata di non criticare von der Leyen: «Abbiamo un buon rapporto e continuiamo a collaborare».

Certo, il timing della giornata non è stato propriamente consueto. Fratelli d'Italia, infatti, non ha sciolto la riserva se non dopo lo scrutino, quando Carlo Fidanza e Nicola Procaccini hanno confermato il «no». Poi, qualche ora dopo è stata Meloni a mettere la faccia su la scelta di non votare von der Leyen, che come era inevitabile ha scatenato le critiche dell'opposizione. Anche in questo caso, la presidente del consiglio si è mossa in modo piuttosto inconsueto. E a margine di un vertice internazionale dove tutti gli altri leader presenti - da Macron a Scholz, passando per Sanchez e Starmer - hanno fatto lunghe conferenze stampa, ha preferito evitare contatti con i giornalisti italiani e limitarsi a un video autoprodotto di 52 secondi e girato alle spalle del Blenheim Palace di Woodstock. «Siamo rimasti coerenti con la posizione espressa nel Consiglio europeo di non condivisione del metodo e del merito», dice la premier. Ma, aggiunge, «non ho ragione di ritenere che la nostra scelta possa in alcun modo compromettere il ruolo che verrà riconosciuto all'Italia nella Commissione europea». Insomma, «auguri di buon lavoro» a von der Leyen. Non replica, invece, alle opposizione che la accusano di aver «isolato l'Italia» e le chiedono di riferire in Parlamento. Alla stessa obiezione, però, in privato qualche giorno fa aveva risposto in maniera piuttosto netta: «Dicevano lo stesso anche sul Mes».

Sullo sfondo, resta invece la corsa a destra. Quella sulla Lega in casa e quella tra Ecr e i Patrioti in Europa. Un fattore che inevitabilmente ha inciso sul «no» di FdI.

In caso di voto favorevole, infatti, è presumibile supporre che il Carroccio avrebbe fatto valere la sua scelta di coerenza in contrapposizione proprio con Fdi. Non è un successo. Ma per la prima volta il partito di maggioranza relativa al governo di un Paese fondatore dell'Ue ha votato contro il futuro presidente della Commissione.

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