AGGRAPPATI ALL’INDECENZA

Niente di nuovo, a parte l'immondizia. L'ultima puntata della congiura della mutanda compare di primo pomeriggio sul sito internet dell'Espresso e si rivela subito quel che è: il rigurgito di un fallimento mal digerito, il nulla in versione rewind, la rimasticatura sonora di una campagna stampa senza vergogna e senza successo. Il settimanale di De Benedetti pubblica l'audio delle intercettazioni di Patrizia D'Addario di cui era già stata pubblicata la sbobinatura semi-integrale: presunte conversazioni private con Silvio Berlusconi a Palazzo Grazioli, presunte telefonate con il premier o con Gianpaolo Tarantini. Contenuti vecchi, forma nuova: siamo al reality della spazzatura, alla diretta stereofonica del fango. Un altro passo oltre il limite della decenza. Scandalo? Altro che: lo scandalo c’è. Lo scandalo è che un gruppo editoriale da tre mesi non faccia altro che impegnare tutte le sue forze per rimestare tra gossip e rifiuti. E che continui a farlo, anche oggi, senza aggiungere nulla di nulla, né un'oncia di verità, né un frammento di novità. Solo un altro tassello (audio) al puzzle del proprio decadimento.
C'era una volta il grande Espresso, c'era un volta l'Ingegnere. Ricordate? Andava in giro rappresentandosi come la Santa Maria Goretti della finanza, il riformatore del Paese, il fondatore dei principi etici della nuova società. Con questi nobili obiettivi aveva preso la tessera numero uno del Partito democratico (ora gettata alle ortiche) e nei libri-intervista coi giornalisti di corte si pavoneggiava: «Sono stato sovente spinto nel lavoro da motivazioni che definirei morali e sentimentali... Sono orgoglioso di aver agito come ho agito, basandomi su profondi convincimenti di natura morale». E poi andava nei convegni a pontificare su una nuova società di cittadini «tutti uniti nella condizione dell'impegno verso un'etica che sia al servizio del Paese e del suo benessere». Commovente, no? Carlo Pio De Benedetti nell'alto dei cieli: un predicatore coi fiocchi.
Ma dov’è finito adesso quel sant'uomo? Dov’è finito il moralizzatore del Paese? Dov’è finito quello «spinto da motivazioni morali e sentimentali»? Quali motivazioni morali e sentimentali ci sono nel pubblicare le intercettazioni della D'Addario? Quale «etica al servizio del Paese» può indurre a ravanare sotto il lettone più o meno grande di Silvio Berlusconi? Non so se Carlo fu Pio abbia ascoltato le registrazioni che il suo settimanale ha sbattuto senza ritegno nella pubblica piazza di Internet. Immagino di sì. Mi piacerebbe allora sapere che cosa ne pensa. Mi piacerebbe sapere, soprattutto, dove sono finiti i suoi convincimenti morali, se si compiace di tutto ciò. Chissà. Forse anche i suoi convincimenti hanno fatto crac. Come le sue aziende. Come l'Olivetti. Come il fondo M&C. Fallimento economico e bancarotta morale, l’en plein dell'Ingegnere.
Ma se le è rimasto un briciolo di etica li ascolti, caro De Benedetti, li ascolti quei nastri al veleno. L'avvocato Ghedini dice che sono fasulli, «frutto d'invenzione». Ma ammettiamo pure che siano veri. Che cosa rivelano? Che una escort di periferia, già nota ai tribunali di Bari, amante dell'occulto e assai millantatrice, conosciuta come Patrizia Brummel e sedicente valletta del mago Copperfield, ebbene quei nastri rivelano che questa benemerita signora s'intrufola a Palazzo Grazioli ricoperta di registratori come una Mata Hari alle cime di rapa e registra una conversazione privata con Berlusconi. Un colpo perfetto, s'intende, che però non ci fa conoscere nulla di più, a parte la natura di chi l'ha compiuto (per quale motivo? Per soldi? Per poter ricattare? Perché una donna accetta di finire su tutti i giornali bollata come prostituta nemmeno troppo di lusso? Quale prezzo ha uno sputtanamento del genere?)
Passiamo comunque ai contenuti delle intercettazioni. Tutto già noto, anche se fa un certo effetto sentire le conversazioni in presa diretta (ed è infatti proprio su questo, sull'effetto audio-choc che giocano all’Espresso). Nel primo sonoro si sente il presunto Berlusconi che fa i complimenti ad alcune ragazze. Poi parla di «22 costumi per il teatro» e altri convenevoli. Poi si avvicina alla D'Addario è le chiede: «Di dove sei?» e «Che cosa fai?». La risposta è già un programma d'estorsione: «Sto occupandomi di un'operazione immobiliare... va un po' male perché da sola è dura». Chi dovrebbe vergognarsi di una simile conversazione è soltanto la ex ragazza pon pon, la valletta di Copperfield, che ancor prima di conoscere Berlusconi è già lì a parlare di operazioni immobiliari. Ma lei, evidentemente, non è il tipo che si ferma per così poco. Infatti fornisce senza esitare il secondo audio, che dovrebbe essere il più imbarazzante: dopo un po' di chiacchiere su regali fatti e da fare, infatti si sente la voce del presunto Silvio Berlusconi che dice: «Io mi faccio una doccia e arrivo... E poi mi aspetti nel lettone se finisci prima tu?». La doccia, il lettone. «Quello di Putin?». Sì, proprio quello lì. Il giorno dopo (terzo nastro) Patrizia telefona a Tarantini per riassumere la serata (dichiarando fra l'altro di non aver ricevuto soldi, ma «una tartarughina») e aggiungendo di sua iniziativa qualche particolare piccante sulle «amiche da leccare». Infine c'è l'ultimo audio, una telefonata con Berlusconi, in cui la D'Addario dice che le è andata via la voce. Il premier scherza: «Come mai? Non abbiamo gridato... ». Lei parla di docce gelate, lui annuncia: «Sto partendo per Mosca». Fine delle trasmissioni.
Sono vere quelle conversazioni? Sono state manipolate? Come? Per il momento non si sa. La Procura di Bari sta indagando. E infatti quei nastri dovrebbero essere coperti da segreto d'indagine. La loro pubblicazione è vietata, può intralciare l'inchiesta. Com'è che invece finiscono direttamente su Internet? Perché L'Espresso ne è in possesso? Chi glieli ha dati? Fra l'altro quella del segreto d'indagine non pare l'unica violazione della legge che si riscontra nella vicenda: come minimo qui sorge il dubbio legale di un'intercettazione illecita e di una palese violazione della privacy. Per capirci: provate a immaginare cosa succederebbe se uno entrasse nella stanza da letto di un qualsiasi cittadino, gli carpisse una conversazione privata e poi la pubblicasse integralmente su Internet? Come strillerebbero i garanti delle varie privacy? Come inorridirebbero le vestali della moderna civiltà? E perché invece contro Berlusconi tutto è lecito? Perché ciò che è scandaloso fare nei confronti di un normale cittadino diventa possibile contro di lui? Altro che norme ad personam: ormai Berlusconi è al di sopra della legge nel senso opposto a quello che normalmente si crede. Chi lo infanga la scampa, chi lo mette alla berlina la fa franca. Le regole valgono per tutti, tranne per chi gioca sporco contro il Cavaliere. E infatti ieri sera l'audio illegittimo e illegale era ancora lì, in bella mostra sul sito di Repubblica e dell'Espresso. Nessuno aveva mosso un dito per eliminare quello scempio. Se anziché del presunto Berlusconi fossero state le conversazioni del presunto Pinco Pallino, state sicuri, le avrebbero spazzate via in un batter d'occhio.
Dunque ricapitoliamo: quelle pubblicate dall'Espresso sono registrazioni audio che non aggiungono nulla alla conoscenza del caso e in più violano palesemente la legge. E quindi? Qual è la morale della storia (ma sì, Ingegnere: stiamo parlando proprio di morale. Che ne dice? Le fischiano le orecchie?). A conti fatti, la morale è che Repubblica e L'Espresso cercano disperatamente di risollevare una campagna sul gossip che è fallita miseramente. Ci hanno provato in ogni modo, ma gli ultimi buchi nell'acqua del commissario Davanzoni e le litanie funebri di Eugenio parla con Dio Scalfari sono state la certificazione dell'insuccesso: Berlusconi, dopo tutti i loro attacchi, è più forte che mai, ha chiuso un G8 trionfale, si appresta a varare riforme importanti, cresce nel consenso degli italiani. I congiurati invece sono alla canna del gas. L'assalto è andato male e il loro editore, travolto dalla crisi finanziaria mondiale, in crisi di idee e di liquidità, annuncia imponenti tagli di giornalisti. Così non possono far altro che scendere sempre più in basso, puntando sugli effetti speciali e sonori, per cercare di dimostrare che se la campagna stampa è morta, almeno loro sono ancora un po' vivi.

Si sa, chi è alla canna del gas è pericoloso proprio perché è disposto a tutto. Come tutto questo poi si collochi in «un'etica al servizio del Paese e del suo benessere» l'Ingegnere De Benedetti, già ribattezzato dai suoi operai De Maledetti, un giorno, forse, ce lo spiegherà.

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