Ahmadinejad celebra la Shoah: «Israele finirà»

Gli ayatollah rilanciano il pericolo nucleare: via a 3mila centrifughe. Poi arriva una smentita

Ahmadinejad celebra la Shoah: «Israele finirà»

Ha celebrato anche lui. A modo suo. Augurandosi la distruzione di Israele e Stati Uniti. Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad non si lascia sfuggire la celebrazione della Shoah e rilancia le ormai rituali profezie sulla fine di Israele. E, per non sbagliare, c’infila pure gli Stati Uniti.
La nuova tirata del “presidente pasdaran” arriva durante le cerimonie dell’Ashura, la solenne festività sciita dedicata al ricordo di Hussein, il terzo imam massacrato a Karbala assieme ai suoi fedeli - nel 680 dopo cristo - dai sunniti del califfo di Damasco. «Grazie al nostro amore per l’Imam Hussein, ai nostri cuori puri, alla resistenza e alla benedizione del Signore - ha detto il presidente parlando in una moschea alla periferia di Teheran - potremo presto assistere alla cacciata del regime sionista e al crollo degli Stati Uniti».
Niente di nuovo visto che gli slogan sulla cancellazione d’Israele dalla carta geografica si susseguono ininterrottamente dall’autunno 2005, ma una conferma di come il presidente continui a considerare l’argomento uno dei suoi cavalli di battaglia. Lo stesso Ahmadinejad ha, non a caso, ispirato e fatto organizzare il convegno sull’Olocausto dello scorso dicembre a cui hanno partecipato storici revisionisti e negazionisti di tutto il mondo. Anche allora Ahmadinejad accennò, nel suo discorso di saluto, alla fine imminente dello Stato ebraico, ipotizzandone un destino simile a quello della vecchia Unione Sovietica.
La fede assoluta nell’inevitabile estinzione di tutti gli Stati nemici, confermata dall’accoppiamento d’Israele e Stati Uniti, è la conseguenza delle convinzioni di stampo messianico del presidente. Convinto propugnatore delle tesi dell’ayatollah Mesba Yazdi, il presidente è molto vicino alle idee dell’Hojjat (il segno), una corrente sciita che predica la necessità di vivere in attesa del Mahdi, il dodicesimo imam misteriosamente scomparso nel 941 dopo cristo. Secondo i fedeli dell’Hojjat l’imam sarebbe in attesa di tornare tra gli uomini e liberarli dai peccati non appena corruzione e ateismo prenderanno il sopravvento. Proprio questa fiducia nell’“imam messia” indurrebbe Ahmadinejad a profetizzare l’imminente scomparsa di tutti i nemici della Repubblica islamica.
Il presidente iraniano durante la stessa cerimonia per l’Ashura ha smentito qualsiasi ipotesi di divisioni o contrapposizioni all’interno del regime iraniano. A dar retta ad Ahmadinejad sono «i nemici», e quindi gli Usa e lo stesso Israele, a cercar di «seminar discordia» nel regime iraniano utilizzando «elementi deboli». Il presidente alludeva chiaramente alle voci secondo cui anche ai vertici del regime starebbe crescendo l’ostilità e diffidenza nei suoi confronti. Il suo più accreditato rivale, l’ex presidente Akbar Hashemi Rafsanjani, parlando in qualità di responsabile della preghiera dello scorso venerdì a Teheran, non ha però mancato di sottolineare che la situazione del Paese richiede prudenza. «Occorre essere consapevoli, lungimiranti e parlare con maggiore attenzione», ha detto l’ex presidente.
Gli Stati Uniti, intanto, mettono in guardia l’Iran dall’attuare gli annunciati piani (poi smentiti in serata da Teheran) per l’installazione negli stabilimenti di Natanz di 3.000 centrifughe per l’arricchimento dell’uranio. «Sarebbe un grosso errore, se il governo iraniano lo commetterà si ritroverà a dover affrontare un’opposizione globale», ha avvertito il vicesegretario di Stato Nicholas Burns. «Se pensano di poter installare altre 3.000 centrifughe senza veder passare un’altra risoluzione del Consiglio di Sicurezza e senza subire ulteriori pressioni internazionali si sbagliano di grosso».

Da parte sua il capo dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, Mohammed El Baradei, parlando al Forum Economico di Davos ha invitato l’Iran a una pausa di riflessione ipotizzando una sospensione delle sanzioni preceduta da un blocco nelle attività di arricchimento dell’uranio. Secondo El Baradei, che teme un intervento armato di Stati Uniti e Israele, continuando così la Repubblica islamica si ritroverà, inevitabilmente, su «una rotta di collisione».

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