Come aiutare i malati di cancro

Un nuovo modello di assistenza per i pazienti colpiti dal cancro. Oggi è una esigenza sempre più condivisa. Solo l'ospedale non basta, ci si deve orientare anche su forme alternative: ricoveri diurni, maggiore coinvolgimento dei medici di famiglia nelle fasi successive ai trattamenti nosocomiali, servizi ambulatoriali, domiciliari e residenziali. Ogni anno nel nostro Paese si registrano 364mila nuovi casi di tumore: 202.500 (56%) negli uomini e 162mila (44%) nelle donne. La spending review può rappresentare un'occasione, purché la norma venga interpretata correttamente. Il taglio dei posti letto richiesto dal provvedimento non può essere realizzato senza considerare le esigenze dei malati oncologici. Lo sostiene la Favo (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) che lo ha affermato di nuovo in occasione della VIII Giornata del malato oncologico. La Favo è formata da oltre 25.000 volontari che assistono in tutta Italia i malati e le loro famiglie.
«Il 30% dei pazienti con cancro muore in strutture ospedaliere destinate al contrasto di patologie acute, generando gravi sofferenze umane e familiari. È chiara l'inappropriatezza di questi ricoveri», afferma il professor Francesco De Lorenzo, presidente Favo, ricordando che la patologia tumorale è divenuta un'emergenza che non può essere relegata nel privato di chi ne è vittima, perché riguarda l'intera collettività sia sul piano della prevenzione sia della cura». Mille nuovi casi al giorno nel 2012, 4 milioni di persone (famigliari e caregiver) che si prendono cura dei malati, con il 33% di disabilità e inabilità riconosciute dall'INPS e con il 4% della popolazione che ha avuto una diagnosi di tumore: questo è il cancro.
Un gruppo di lavoro formato da esperti della Società italiana di chirurgia oncologica (Sico), dell'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), della Favo e da rappresentanti del ministero della salute ha individuato i parametri per stabilire i volumi minimi di attività per singola neoplasia, al di sotto dei quali le strutture chirurgiche non dovrebbero essere abilitate ad affrontare le varie patologie. Rispetto ai 1.015 centri che si occupano di cancro del colon retto, solo 196 risultano adeguati; dei 906 del tumore della mammella, solo 193; dei 702 del polmone solo 96 e dei 624 della prostata solo 118. Esistono criticità anche per alcune oncologie mediche, presenti in piccoli ospedali, prive dei servizi di supporto e e con casistiche ridotte. La scienza medica negli ultimi anni ha compiuto progressi incredibili, rendendo cronica una patologia complessa. È ormai un dato di fatto che di tumore si muore sempre meno, grazie a terapie innovative e a massicce campagne di prevenzione e informazione. Emerge infatti una riduzione significativa della mortalità complessiva per cancro: il calo è del 12% nei maschi e del 6% tra le femmine. È anche vero, però, che il numero di casi continua ad aumentare. L'assistenza continua ai malati comporta costi economici crescenti. La cronicizzazione della malattia è stata una conquista, ma ha aperto poi questioni, come il reinserimento nella società dell'ex-paziente. Nel nostro Paese, infatti, vivono circa 1 milione e 285mila persone che hanno superato la soglia dei 5 anni dalla diagnosi senza ricadute e tornano alla vita di tutti i giorni. Riprendono cioè il lavoro, praticano sport, fanno figli.

«Il numero dei guariti - sottolinea il professor De Lorenzo - aumenta in modo costante. All'esito positivo relativo alla fase acuta della malattia, si accompagna una preoccupante carenza dei servizi per i nuovi bisogni che insorgono nelle fasi, sempre più estese, della lungo sopravvivenza».

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