«Allah mi ha detto: scappa o morirai d’influenza suina»

«Volevo fare esattamente quello che ho fatto. E cioè spaccare il vetro dell’entrata di Malpensa per scappare via dall’Italia. Anche mia moglie era d’accordissimo. Allah e gli angeli, con i quali parlo sempre, mi avevano detto di farlo, altrimenti l’influenza suina ci avrebbe ucciso. Allah è grande».
Calmo, tranquillo. Forse anche perché il giorno prima, dopo aver dato in escandescenze, era stato sedato, Sadallah Ganouini si è presentato ieri all’interrogatorio di garanzia nel carcere di Busto Arsizio. Vestito di tutto punto e sulle sue gambe nonostante l’operazione al piede sinistro, l’operaio metalmeccanico tunisino che lunedì mattina ha sfondato una delle porte a vetri del terminal 1 di Malpensa con un Suv rubato sul quale viaggiava insieme alla moglie e ai tre figli piccoli, ieri ha risposto alle domande del gip Nicoletta Guerrero e del pm Roberto Pirro Balatto, alla presenza del suo legale, l’avvocato Carlo Alberto Cova di Gallarate, di un cancelliere, di due agenti della polizia penitenziaria e della traduttrice dall’arabo che però non è intervenuta perché il nordafricano ha parlato sempre in italiano. Al termine dell’interrogatorio l’arresto dell’uomo per tentato omicidio, resistenza e danneggiamento pluriaggravato è stato convalidato.
«Io mia moglie e i miei figli siamo partiti da Ceriano Laghetto a piedi diretti a Malpensa - ha spiegato Ganouni ai magistrati -. Ho lasciato a casa la macchina, ho lasciato accesa la luce in casa e sono passato dalla porta posteriore perché volevo far finta di essere a casa e far credere a quelli che mi vogliono ammazzare che sono a casa. A Castellanza due persone a bordo di un furgone bianco ci hanno detto che non potevamo stare a piedi sull’autostrada e quindi siamo usciti. Quando siamo usciti dopo circa 5 o 10 minuti abbiamo visto due macchine fuori strada e ho detto a mia moglie che l’unica cosa era rubare un’auto per arrivare alla Malpensa. Una volta in macchina ci siamo messi a cantare per la felicità perché il nostro obbiettivo era raggiungere la Malpensa per scappare via dall’Italia». «Volevo fare esattamente quello che ho fatto e cioè spaccare il vetro dell’entrata - ha proseguito il tunisino -. Conoscevo i luoghi perché quando vado a Tunisi passo di lì. In auto io ero davanti, mia moglie e i miei figli dietro e quindi non avevo paura che si facessero male. Non potevo semplicemente entrare a piedi perché volevo attirare l’attenzione. Una volta sfondato il vetro sono sceso dalla macchina. Mia moglie non sapeva niente di tutto quello che io avevo deciso di fare, forse lei credeva che io avrei comprato i biglietti. Così non ha fiatato, i bambini invece hanno urlato».
«Ho fatto io il coltello, quello che ho usato all’aeroporto - ha poi concluso l’uomo -. È del colore della mia squadra di calcio: rosso, giallo e nero. L’ho portato con me per difendere la mia famiglia.

Ho parlato ad Allah dicendo “Dio è grande“ e gli ho chiesto di aiutarmi per conoscere la verità e di sapere chi voleva ammazzarmi con l’influenza suina. Ho messo in face book la foto di un bambino morto per l’influenza suina. Ho preso le foto e sono andato a Solaro in un call center e un marocchino mi ha aiutato. Poi ho bruciato il mio computer perché è contro Dio».

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