Lorenza Formicola
Il segretario di Stato per gli Affari Interni, il novello Sajid Javid, ha annunciato poco tempo fa un «cambio di passo» nella strategia antiterrorismo del Regno Unito. Lo scopo è quello di evitare ulteriori spargimenti di sangue per le strade della capitale inglese. Eppure le ragioni della dichiarazione vanno oltre le banali considerazioni sull'emergenza terrorismo islamico. La faccenda si fa ancora più seria specie perché investe un aspetto decisamente trascurato finora: il radicalismo islamico in carcere e le condanne troppo brevi.
È previsto che le nuove politiche includano l'introduzione di pene detentive più lunghe ai condannati per reati di terrorismo, tra cui un massimo di quindici anni per la propaganda jihadista - come video di decapitazioni e istruzioni per la fabbricazione di bombe su internet. Ma il vero problema è che il terrorista islamico messo in gattabuia per tentato omicidio è destinato, con il sistema di oggi un po' in tutta l'Europa, a uscire presto di galera. E a farlo più determinato e convinto di prima.
Richard Walton, che è stato a capo dell'agenzia per la sicurezza e il controspionaggio del Regno Unito, aveva già sottolineato il «preoccupante ristagno di rischi» nella comunità e l'onere imposto alla polizia e all'MI5 dal rilascio di terroristi condannati. Soprattutto negli ultimi anni, ha voluto ribadire Walton, è stato avviato un processo di gestione del rischio utilizzato per monitorare i terroristi rilasciati, e la cosa è estremamente dispendiosa in termini di risorse. Quelli dell'intelligence sono soliti controllare gli ex galeotti per capire se intendono riappropriarsi della vita precedente e hanno scoperto - sempre secondo Walton - che per un bel po' di tempo se ne stanno buoni perché sanno di essere oggetto di un'attenzione particolare.
Ma a contribuire agli incubi delle autorità inglesi è il dato che prevede un'importante percentuale di terroristi islamici in libertà nei prossimi mesi del 2018. Una vera e propria ondata di malviventi musulmani si appresta a tornare in pista prima che l'anno finisca. Oltre il 40% delle condanne per reati di terrorismo - più o meno tutte della durata di dieci anni - sarebbero da considerarsi estinte nei prossimi mesi. Più di 80 dei 193 condannati per terrorismo saranno a piede libero, ma il numero di soggetti pericolosi rilasciati potrebbe essere molto più alto, visto e considerato che i detenuti possono essere rilasciati anche a metà della loro pena. E c'è anche una buona percentuale di terroristi che sarà fuori di galera nel 2019.
Tra coloro che hanno diritto alla libertà condizionale nel 2018 c'è il famoso predicatore islamico in Gran Bretagna, Anjem Choudary: condannato nel settembre 2016 a cinque anni e mezzo, dopo avere già trascorso cinque mesi in custodia cautelare. Choudary non è un semplice predicatore d'odio. Ma un uomo pericolosissimo che ha già ispirato circa cento jihadisti inglesi tra cui il killer del ponte di Londra, Khuram Butt. Choudary, un tipetto che con il suo cappellino e la barba lunga è noto soprattutto per essere il promotore di numerose manifestazioni per l'attuazione della sharia in Gran Bretagna, per avere elogiato gli attentati dell'11 settembre e per essersi scagliato contro Benedetto XVI chiedendo che fosse «giustiziato per avere insultato l'islam». È stato arrestato per avere incoraggiato altri ad aderire all'Isis e quest'anno potrebbe tornare a completare il suo lavoro. Tra i «noti» adepti di Choudary c'erano anche Michael Adebolajo e Michael Adebowale, gli assassini del Lee Rigby, il soldato dell'esercito britannico ucciso a colpi di coltello e mannaia.
Nell'ambito dell'infrastruttura nazionale di polizia antiterrorismo esiste un'unità dedicata, con speciali detective che lavorano con le prigioni e il servizio di libertà vigilata. Ian Lawrence, segretario generale di Napo, il sindacato per la libertà vigilata, ha affermato che il servizio è già in fibrillazione. «I nostri membri sono sovraccarichi di lavoro e di personale, e c'è un'enorme pressione su di loro per il lavoro estremamente impegnativo dei prossimi mesi», ha affermato.
In tutta Europa non si contano i casi di ex detenuti che hanno pianificato attivamente attentati terroristici, o ne erano tra i pianificatori, e il fenomeno riguarda particolarmente da vicino la Gran Bretagna.
L'esistenza di frange radicali all'interno del sistema di cappellanie delle prigioni britanniche, impegnate a reclutare nuovi adepti nel progetto politico dell'islam, è una storia vecchia che oggi preoccupa più che mai. Gli innumerevoli collegamenti con le organizzazioni radicali come Hizb ut Tahir, Jamaat-e Islami, Al-Hikma Media e molti altri erano stati denunciati già nel 2009 dalla Quilliam Foundation in un rapporto, Unlocking Al-Qaeda, che tra le altre cose metteva in evidenza proprio gli stretti legami con Al-Qaeda, identificati tra cappellani musulmani e detenuti. Nel rapporto veniva chiesta la rimozione di tutti i libri, giornali, opuscoli e trasmissioni televisive volti all'islamizzazione e alla radicalizzazione in carcere. Eppure, veniva chiesto di farlo con estrema cautela: non occorreva indispettirli troppo. Quasi dieci anni più tardi i rapporti del governo inglese rivelano che la famosa «letteratura radicale» è tranquillamente a disposizione dei detenuti e ha fatto più danni che mai. Dietro le sbarre, infatti, ai detenuti viene proposto l'islam politico come «nuovo inizio», come estensione del modus vivendi che li aveva portati al carcere, capace, però, di cambiare ancor più drammaticamente la destinazione e lo scopo dei loro gesti.
Nel 2015 c'erano 12mila musulmani nelle carceri inglesi e quasi tutti per reati legati al
terrorismo. Dati che all'epoca venivano denunciati per sottolineare il sovraffollamento delle prigioni. Adesso fanno tremare perché presto le vedremo svuotarsi e vedere quei detenuti a piede libero più determinati di prima.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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