Bach in campagna elettorlae: cavalca l'odio contro l'equità

Il Cio. Verso le elezioni del 2025. Il numero uno del comitato: "Deplorevoli insulti a Imane". Il possibile rivale Coe

Bach in campagna elettorlae: cavalca l'odio contro l'equità
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In fondo chi sale sul ring a prendere pugni è molto forte, ha muscoli sviluppati ma talvolta è anche un po’ ingenuo. Animato com’è dalla passione, non sente dolore e non fa caso a certe situazioni collaterali che gli capitano attorno. Salendo sul ring della vicenda Imane Khelif, l’algerina che sembra un uomo, e Angela Carini, la donna italiana, abbiamo tutti indossato guantoni e caschetto concentrandoci, come era giusto che fosse, sul problema dell’equità sportiva e della parità di condizioni nella competizione da garantire comunque e sempre anche quando lo sport, diventando molto inclusivo, abbassa la guardia sui diritti di altri. In questo caso, tutelando eccessivamente l’accesso alle gare di atlete intersessuali o iperandrongine a scapito delle donne. L’ingenuità di tutti noi pugili dell’opinione è emersa ieri durante la conferenza stampa di metà olimpiade, quando il presidente del Cio Thomas Bach ha fatto il punto sull’andamento dei Giochi ma, come era prevedibile, si è molto soffermato sulla vicenda delle due pugili, la Khelif e la Lin Yu-Ting. «Abbiamo due atlete nate donne, cresciute come donne, che hanno partecipato per anni alle competizioni come donne. Nessun dubbio sul loro genere femminile» ha detto Bach, ripetendo il leitmotiv di questi giorni. «Il quadro del Cio si fonda su basi scientifiche, chiedo a tutti di rispettare queste donne». Ma non è solo questo. «Il pugilato ha grande valore sociale e molti di questi atleti arrivano da aree sociali disagiate.

La boxe è riscatto e vale ancora di più per le donne, per cui è deplorevole tutto l'odio social contro Imane». Bach ha aggiunto un corollario di avvisi ai naviganti, in particolare all’Iba, la discussa federazione pugilistica internazionale non riconosciuta dal Cio e che aveva fermato queste atlete ai mondiali. Se vogliamo pugili ai Giochi, meglio che dal ring esca una nuova federazione, è stato il messaggio di Bach.

Questo però che c’entra con la vicenda dell’equità? C’entra e spiega la nostra ingenuità: mentre le pugilesse si menano, il mandato di Thomas Bach è in scadenza, per cui sta iniziando, anzi è già partita, la campagna elettorale. E si giocherà anche su tutto questo. Il suo mandato scadrà nel 2025, teoricamente non potrebbe più ripresentarsi, ma una modifica allo statuto si può sempre valutare. Tra i potenziali rivali ci potrebbe però essere Sebastian Coe, campione olimpico dei 1500, dal 2015 a capo della World Athletics. È la federazione mondiale dell’atletica che non ci ha messo molto a prendere in mano la materia dell’intersessualità e dell’iperandrogismo stabilendo che le atlete che vogliono competere con le donne e hanno valori ormonali a livelli maschili devono sottoporsi a cure per abbassarli o cambiare gare. Questo in estrema sintesi. È il famoso caso Semenya. «Il mio approccio» non ha mai smesso di ripetere in questi anni sir Coe, «è sempre stato votato all’inclusività, non voglio impedire alle persone di competere, ma noi ci facciamo guidare dalla scienza, e questa è chiara: il testosterone è il fattore determinante per le prestazioni.

Per questo è mia responsabilità proteggere l’integrità dello sport femminile». Per cui, visto che proprio ieri Bach ha detto che le valutazioni del Cio si fondano su basi scientifiche, dategli tempo, non troppo, e arriveranno anche loro a questa inclusività. Quella giusta.

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