Dici Costantino Rocca e pensi a una leggenda del golf: primo italiano ad aver giocato per l'Europa nella Ryder Cup e ad aver battuto il grande Tiger Woods. Il talento bergamasco a dicembre compirà 67 anni: cinque tornei dell'European Tour vinti, due successi nella Ryder Cup. E ora un'Academy che ha l'obiettivo di aumentare i giocatori in Italia, scovare nuovi talenti e trasmettere valori educativi.
Come si è avvicinato al golf?
«A 7 anni facevo il caddie all'Albenza di Bergamo, proprio sotto casa mia. Ho debuttato nella prima vera competizione a 25. Io volevo insegnare, mi convinse a gareggiare un maestro australiano che guidava la Scuola Nazionale, vide in me ciò che nemmeno immaginavo. Le esperienze all'estero mi hanno fatto poi crescere. Oggi il golf dovrebbe essere di più alla portata di tutti».
Ecco la Ryder Cup in Italia.
«È un evento unico per il nostro Paese, una grande soddisfazione specialmente per me che l'ho giocata. È la terza competizione al mondo Spero che il golf diventi uno sport nazionale e un traino per il turismo».
I momenti più belli della sua Ryder?
«È una gara a sé, non può essere paragonata a un Major, si gioca a squadre e non da soli quindi bisogna fare spogliatoio. Al termine di una Ryder Cup ti ritrovi con undici nuovi amici. L'emozione della prima volta ancora la ricordo, anche se noi europei perdemmo. E poi le vittorie, quel hole-in-one (buca in un colpo, ndr) e ovviamente il successo personale contro Tiger Woods».
Quanto è cresciuto il golf in Europa?
«Sicuramente più di qualche anno fa, anche se l'America è ancora molto avanti. Basti pensare ai montepremi dei tornei a livello professionistico nel nostro continente che sono ancora bassi rispetto ai circuiti mondiali».
I Molinari sono vice capitani dell'Europa.
«Una bella responsabilità. Quando giocavo io la Ryder Cup c'era un solo vice capitano, ora sono addirittura cinque. E confesso che non mi sarebbe dispiaciuto farlo...».
Ha inciso il processo tecnologico nel golf?
«Molto, oggi chi non sa approcciare molto bene i colpi, ha dei bastoni che lo aiutano».
La ricetta per diventare campioni?
«Al netto del talento, servono una disciplina ferrea e tanto sacrificio anche nella vita privata».
Il suo modello nel golf?
«Un americano, Tom Watson. Poi ho frequentato il grande Severiano Ballestreros, persona e giocatore fantastico».
Il panorama italiano?
«Gli italiani sono portati naturalmente per il golf. Nonostante sia uno sport praticato da poche persone rispetto agli altri Paesi, abbiamo molte eccellenze».
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