Altro che "sfasciafamiglie" Adesso la Cassazione sdogana pure l’amante

Sono sempre più numerose le sentenze che considerano il terzo incomodo alla pari del coniuge. Per esempio: non gli può essere impedito con la forza di entrare in casa

Altro che "sfasciafamiglie"  Adesso la Cassazione  sdogana pure l’amante

Da «sfascia famiglie» a parte integrante del nucleo familiare. In una sorta di «menage a trois» più simile a una trama cinematografica che alla realtà. Il passo non è breve, ma a giudicare da recenti sentenze della corte di Cassazione sembra che il ruolo dell’amante sia in piena fase evolutiva. In un processo di riabilitazione che potrebbe addirittura equiparare il terzo incomodo al compagno ufficiale. L’amante può entrare in casa del partner senza che il coniuge possa impedirlo con la forza, hanno sentenziato i giudici. Che poi, in altri procedimenti, hanno aggiunto: se si picchia l’amante si va incontro al reato di maltrattamenti in famiglia. E infine: la moglie che fugge con l’amante non perde il diritto al mantenimento.

«Non possiamo certo dire che dal punto di vista della giurisprudenza un rapporto extraconiugale sia uguale a un matrimonio o a una convivenza - precisa Gian Ettore Gassani, presidente dell’Associazione matrimonialisti italiani - Però è abbastanza evidente che, almeno dal punto di vista dell’opinione pubblica, l’amante sia vista con meno severità rispetto al passato. Anche se rimane un personaggio negativo, che va a intromettersi in una relazione consolidata, rovinandola».

Nonostante questo, i giudici in alcune occasioni hanno ribadito che, negativa o meno che sia, la figura dell’amante va in qualche modo tutelata. E così hanno sancito che chiunque cerchi di impedire con l’uso della forza che il proprio compagno porti l’amante nella casa coniugale incorre in un reato penale. Anche qualora faccia uso di un atteggiamento violento per l’umiliazione subita o per «contrastare la condotta moralmente riprovevole» del proprio compagno.

Così Angelo, un cittadino romano che aveva cercato di impedire che sua moglie Stefania entrasse in casa con il proprio amante, si è visto confermare la condanna per «violenza privata» dai magistrati della Suprema corte. In un altro caso, i giudici hanno decretato che picchiare l’amante integra il reato di maltrattamenti in famiglia. E può costare la custodia cautelare in carcere. È successo lo scorso marzo a un 41enne di Messina, finito dietro le sbarre per avere alzato le mani su una donna con la quale intratteneva una relazione clandestina. Ma c’è di più: perché il marito cornuto oltre al danno può subire anche la beffa finale. Con la benedizione del codice civile. La Cassazione ha stabilito che una donna che decida di fuggire con l’amante non perde il diritto di essere mantenuta dal marito.

In particolare, se la donna decide anche temporaneamente di andare a vivere con l’altro, in caso di divorzio al coniuge può essere chiesto di partecipare al soddisfacimento delle sue necessità. Senza dimenticare che è vietato offendere l’amante del proprio compagno - pena risarcimenti salatissimi - e che è assolutamente consentito raccontare bugie per difendere l’amante e il suo onore.

Eppure per il fedifrago non sono solo rose e fiori. Se lavora per conto dell’amante non può pretendere di essere pagato. Così un idraulico di Trento, che aveva sistemato gli impianti della casa e del ristorante dell’amante per un valore di 30mila euro, una volta terminata la relazione non ha potuto ottenere quanto gli spettava. I giudici hanno considerato quelle opere niente più che un regalo.

«Nessuno ha intenzione di riabilitare i rapporti clandestini - conclude Gassani - anche se il loro numero sta crescendo in modo esponenziale. In Italia il 35 per cento dei matrimoni finisce a causa dell’amante. E a tradire non sono solo gli uomini: su 100 corna 45 sono causate dalle decisioni delle donne, che tradiscono con la stessa naturalezza dei mariti».

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