Altro fango dall’estero Ma le solite lezioni sono piene di errori

A un certo punto il prestigioso Newsweek cita una autorevole fonte per la sua inchiesta sul declino di Berlusconi. Tale Carmela Mamone, «housewife», una casalinga, la quale fornisce al reporter americano una sconvolgente chiave di lettura per capire le faccende italiane: «Se Berlusconi piace a tante donne, vuole dire che è un uomo vero». Il ritratto è tetro, l’Italia è sostanzialmente un Paese allo sbando, tornata indietro di secoli, «viene in mente Nerone, o i Borgia, panem et circenses, dissolutezza e corruzione», un quadro che mette davvero paura.
Christopher Dickey, penna premiatissima, scrive dall’estero ma evidentemente la sa lunga sull’Italia. Dice che il premier italiano è stato colto in «flagrante delicto», in latino nel testo, insomma in flagranza di reato, una rivelazione ignorata dalla stampa italiana che non ha avuto notizie di reato sulla vita privata del primo ministro, ma i reporter anglosassoni sono più bravi. Newsweek poi prende per buona la storia della D’Addario al Parlamento europeo, una bufala già archiviata, ma è la stampa, bellezza. Racconta con raccapriccio la «più eclatante delle paparazzi photoes nella villa in Sardegna, quella che ritrae un ospite illustre che saltella come un satiro priapeo». Il succo, che è poi il titolo dell’«inchiesta» (in realtà un resoconto delle notizie e delle chiacchiere fatte sul caso, resoconto peraltro nemmeno troppo accurato) è il seguente: «Silvio, è tempo di lasciare». È un giudizio di senso comune, secondo Newsweek, come quello che si dà agli amici, «non guidare, sei ubriaco», questo è il paragone azzeccato secondo il magazine.
Ma l’inchiesta americana fa un po’ acqua da tutte le parti. Descrive (con altrettanto raccapriccio) il modello televisivo creato da Berlusconi, fatto di donnine svestite (come se la tv americana fosse roba per pastori anglicani), e che avrebbe «marginalizzato le donne italiane per decenni», addirittura, un colpa anche questa di Silvio. Cita un esempio, il settimanale Usa: un programma degli anni ’80 dove le donne si toglievano un pezzo d’abito a ogni risposta sbagliata, e intende Colpo grosso, dimenticando però che quel programma non era affatto sulle reti del Cavaliere.
Altra grossolaneria quando Newsweek scrive che «Berlusconi controlla tutte e tre le reti della Tv pubblica», senza spiegare minimamente come stiano le cose e come sia organizzata la governance Rai. Ancora un altro sbaglio, quando il reporter scrive che «Berlusconi ha licenziato i giornalisti che gli si sono messi di traverso». Ma chi ha licenziato, per l’esattezza? Errori e leggerezze che capitano quando scrivi di paesi lontani, la domanda è un’altra: perché prendere le diagnosi dei giornali stranieri, così male informati sulle intricatissime cose di casa nostra, come verdetti supremi? Chissà.
Anche perché sembrano avere una speciale attenzione sadica verso l’Italia, molto più che per altri Paesi dove le storie a sfondo sessuale fanno meno raccapriccio. Anche agli stranieri interessati dal sexy-scandalo. In Francia per esempio i sondaggi dicono che due terzi dei francesi, il 67%, pensa che il ministro della Cultura Frédéric Mitterrand, travolto da accuse di pedofilia e turismo sessuale omosex per delle frasi contenute in un libro autobiografico (in cui l'autore racconta la sua vita amorosa e le sue scorribande in Thailandia), non debba affatto dimettersi.

Ma i francesi forse perdonano ai loro politici quello che non tollerano a quelli di altri Paesi, specie agli italiani, specie a Berlusconi, protagonista di uno speciale di Le Monde su «Berlusconia», un viaggio in Italia e «nel cuore del suo enigma». Il solito, ancora quello, sempre quello.

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